In un libro i Caduti della RSI a Genova


Pubblichiamo qui l’interessante recensione di un libro sui Caduti della RSI a Genova inviataci da Francesco, che ringraziamo.

Nel più ampio contesto di rilettura degli avvenimenti storici dello scorso secolo, mutato (finalmente!) l’oppressivo e dogmatico clima culturale grazie anche alla tenace opera di quanti, non senza sofferenza personale, hanno osato sfidare quella che Renzo De Felice ha definito la “Vulgata resistenziale” e Giampaolo Pansa “La grande bugia”, stanno trovando maggiore spazio mediatico in questi ultimi anni testi che mettono in risalto anche le verità della parte degli sconfitti del 1945.
A qualcuno piace chiamarlo con il termine “Revisionismo” – anche a noi, perché De Felice è una stella polare, e lui lo usava – altri utilizzano termini simili, per finire con chi, in nome della democrazia, il fatto che si possa dare credito a tutte le opinioni non lo digerisce proprio.
E finalmente, anche per quanto riguarda Genova (città difficilissima, da questo particolare punto di vista), si alza un po’ di quella cappa di oscurantismo, sui caduti della R.S.I. nella nostra città. Il merito va a tre grandi penne "nostrane": Francesco Tuo, Pierfranco Malfettani e Carlo Viale, che dopo decenni di ricerche meticolosissime, sono riusciti a realizzare una vera e propria enciclopedia storica sui tragici fatti avvenuti dall'8 di settembre 1943 alla fine del 1946.Documenti storici, ricostruzioni basate su fonti dirette, ricerche negli archivi locali e nazionali, hanno portato alla ribalta storie meravigliose di donne, ragazze, ragazzi e uomini passati per le armi, durante e dopo (è questa la zona di maggiore infamia dell’intero contesto) la Seconda Guerra Mondiale, rei solamente di una cosa: non aver tradito il loro ideale, a prescindere da ogni considerazione su quanto giusto o sbagliato potesse essere.Il libro, corredato di un gran numero di fotografie e atti ufficiali d'epoca, parla di tutti i caduti appartenenti alla R.S.I. in terra genovese, lungo le oltre 800 pagine di questa ponderosa opera che non può mancare negli scaffali dell’appassionato di storia e di chi apprezza una lettura ad ampio spettro e non minata da preconcetti delle vicende verificatesi negli ultimi anni di guerra.

Francesco Tuo, Pierfranco Malfettani e Carlo Viale – I caduti della RSI Genova 1943-46 Ed. Tradizioni.

Uno strano ammaraggio

Non ci è simpatico, Chavez. Un demagogo di sinistra che accompagna proclami di autonomia decisionale rispetto ai potenti della Terra ad amicizie poco raccomandabili e a frequentazioni di pessimo gusto. Non solo politicamente, ma anche dal punto di vista del Diritto Penale. In altre epoche storiche, gli USA lo avrebbero fatto detronizzare (meritatamente) senza troppe smancerie.
Ospitiamo con grande piacere, quindi, il contributo di Daniele, un amico che con il suo treno passa davanti al Casello fin dall’esordio.


"Lo scorso lunedì sera, con l'intento di vedere l'annunciatissimo servizio sul raid degli estremisti di destra alla redazione di "Chi l'ha Visto?", per la prima volta in vita mia mi sono sorbito una puntata del popolare e ormai storico programma di Rai 3. A parte la considerazione su quanta gente di tutte le età e classi sociali scompare in Italia e su una rima di una canzone di Jovanotti la quale diceva che "ormai con Chi l'ha Visto nessuno è più libero di scappare in santa pace", mi ha particolarmente impressionato un servizio sugli italiani scomparsi in Venezuela, che inizialmente si credeva fossero morti in un incidente aereo. Peccato che dell'aereo non sia mai stata trovata traccia e che le incongruenze con la prima ricostruzione fornita dal personale al radar dell'aeroporto più vicino fossero davvero incredibili. Per esempio si sosteneva che il pilota nei 10 minuti compresi tra l'annuncio della contemporanea rottura di tutti e due i motori (circostanza anche questa giudicata impossibile dagli esperti) e il tentato ammaraggio, fosse rimasto in assoluto silenzio. Inoltre non sono mai state trovate tracce dell'aereo (cosa mai accaduta in seguito ad un ammaraggio) e il corpo del pilota (l'unico rinvenuto) è stato ritrovato un mese dopo, annegato, su una spiaggia al confine con la Colombia. Inoltre i telefoni cellulari di alcuni passeggeri hanno continuato a suonare per alcuni giorni in una "cella telefonica" sita proprio nel paese che diede i natali al mitico Faustino Asprilla. L'ipotesi paventata da alcune parti è che i passeggeri del volo possano essere stati rapiti dalle Farc, l'esercito paramilitare di ribelli (comunisti, n.d.b.) che agisce in Colombia da decenni. Ad aggiungere inquietudine ai familiari dei dispersi, la sensazione che le indagini siano più o meno velatamente ostacolate addirittura dal dittatore venezuelano Chavez, che si dice ebbe un ruolo decisivo nel mediare con le Farc in occasione della liberazione della francese Ingrid Betancourt, rimasta ostaggio dei "guerrieri della giungla" per più di sei anni.
Davvero una sinistra coincidenza infatti quella che vede coinvolto il presidente venezuelano, che di recente ha nazionalizzato l’industria petrolifera venezuelana e in prima linea nella “guerra all’etanolo” contro il Brasile di Lula e gli eterni nemici americani.
Insomma l'ex amante di Naomi Cambell sembrerebbe dare pertanto adito alle voci che lo vedono vicino ed addirittura colluso con le Farc.
Tra i "presunti" rapiti italiani c'è una famiglia con due bambini di 7 e 9 anni e una coppia in viaggio di nozze.
Al presidente Napolitano e alla classe parlamentare tutta l’invito a non lasciar cadere nel dimenticatoio l’incresciosa vicenda e a sollecitare in ogni forma e modo lo svolgimento di indagini volte al raggiungimento unico della verità."

Alta velocità? Si, grazie!


E’ una mattina qualunque: una delle tante autostrade ad una sola corsia – l’altra è riservata ai camion - che transita per Genova è bloccata. Il canale radiofonico che ci consiglia a frittata fatta le strade alternative che avremmo potuto scegliere spiega che i mezzi pesanti si sono intasati nella zona portuale per le operazioni di carico e scarico. Da lì, primo nodo autostradale italiano in ordine cronologico (e si vede), punto nel quale converge ogni camionstrada afferente la Superba, per imbibizione, centinaia di automobilisti di ogni provenienza, professione e categoria sociale si trovano progressivamente inchiodati, come in quei domino da Guinness dove gli studenti di una scuola media tailandese buttano giù tonnellate di tessere che nell’abbattersi lungo mille piste disvelano alle telecamere una perfetta riproduzione della Gioconda.
Peccato, mi viene da pensare. Proprio quando i novelli esperti di trasporti mi stavano convincendo dell’assoluta inutilità di nuove infrastrutture ferroviarie, opere faraoniche e già superate al momento del progetto, di nefasto impatto ambientale (anche quando corrono per decine di km. in galleria),
giusto per un attimo provo ad immaginare lunghi treni intermodali che incrociano pesanti convogli passeggeri a lunga percorrenza su una nuova bretella che origina poco prima di Arenzano, salta in galleria tutto il nodo di Genova e poi si biforca, sbucando a nord oltre l’Appennino e a Levante tra Pieve e Sori, lasciando l’attuale sede al traffico metropolitano o ai treni a lunga percorrenza che interessano la mia città.
E’ inutile oggi costruire opere di quel genere: l’impatto ambientale è violento e ingiustificato, e quando saranno pronte probabilmente il treno non esisterà nemmeno più. Certo, chi sostiene queste tesi confonde spesso la rotaia con il binario, ma non è da queste piccolezze che si deve giudicare l’esperto.
Eppure… eppure tutte le volte che vado a Milano (e ritorno), per cinque minuti o per mezz’ora (di peggio, su un’ora e mezza appena abbondante è difficile fare) il treno è regolarmente in ritardo.
Tra Roma e Napoli oggi ci sono tre linee a doppio binario. L’ultima nata, che pure per ora si ferma a Gricignano, ti fa arrivare sotto il Vesuvio in anticipo di mezz’ora sull’orario. L’ho sperimentato di persona. Tra Genova e Milano i binari sono quattro fino al confine col Piemonte (due dei quali inaugurati da Cavour, e non sto scherzando, alla metà dell’Ottocento), in coabitazione con la linea per Alessandria/Torino, e poi diventano due, sui quali gravano traffici di ogni tipo e percorrenza. Risultato: la vecchia “Camionale” stravince il confronto.
Contro il TAV (Treno ad Alta Velocità, cioè da 200 km/h in su: sta facendo le fortune del sistema dei trasporti in Francia, in Germania, in Spagna, e si potrebbe continuare) sono state utilizzate le più varie e mistificanti argomentazioni, da meschine pruderie campanilistiche ad anacronistiche epperciò ridicole categorie classiste (Eurostar = treno da ricchi), per finire con le bizzarre teorie di larga parte del mondo ambientalista, preoccupato più dell’impatto di una nuova ferrovia che non di quello di un traffico autostradale giunto a livelli intollerabili per la salute e l’incolumità dei cittadini. Due dati di fatto per chiarire i concetti: durante la chiusura del traforo del Monte Bianco (e la conseguente sparizione del traffico pesante), in Valle d’Aosta si calcolò nell’80% la diminuzione delle malattie respiratorie da inquinamento nei territori attraversati dalla strada di fondovalle; e la compartecipazione – chiamiamola così - dei mezzi pesanti agli incidenti autostradali ha percentuali bulgare.
Eppure… eppure una corte dei miracoli fatta di personaggi che non hanno mai visto una gallina e conoscono il trolley solo come bagaglio a mano cerca di spiegarci che l’Appennino non resisterebbe ad una nuova ondata di scavi. Meglio non raccontare però che una nuova linea ferroviaria, oltre che mille volte meno inquinante, meno invasiva e più sicura di un’autostrada, libererebbe tracce orarie per treni merci o per pendolari, o anche solo per far arrivare puntuali i convogli già in orario, sennò a qualcuno l’idea della linea ad Alta Velocità/Alta Capacità (con le maiuscole, si usa così) potrebbe piacere. E ai sinistri difensori del popolo questo non andrebbe giù.

L'importante è protestare...

Si ha spesso l'impressione, di questi tempi, che in mancanza di alternative valide (ad esempio sul piano dei numeri, o su quello dei risultati) l'attuale opposizione cerchi di mobilitare tutte le sue risorse per contrastare in qualche modo l'azione del Governo, a volte attaccandosi a principi diversi e contrapposti (e ci può stare), altre volte al nulla, con effetti grotteschi.
Senza entrare nel merito, in un periodo nel quale uno dei bersagli principali è rappresentato dalla pervicace volontà di cambiamento del Ministro dell'Istruzione Gelmini, si evidenzia per bizzarria tra le molte proteste quella inscenata da un gruppo di docenti, ricercatori e studenti di Scienze Politiche a Firenze, della quale diamo conto nelle righe che seguono.
"Docenti lavavetro, protesta contro il decreto GelminiOggi a mezzogiorno la singolare iniziativa dei professori di scienze politiche. Da ieri ripresa l’attività didattica: «Altri blocchi avrebbero pregiudicato l’anno».Laveranno i parabrezza delle auto e distribuiranno volantini per spiegare perchè sono contrari alle norme introdotte dal governo che riguardano la riduzione del finanziamento pubblico al sistema universitario. Ad attuare la protesta, oggi, dalle 12 alle 13, fra via Forlanini e viale Guidoni, nella zona di Novoli, i ricercatori e i docenti della facoltà di Scienze politiche.Pronta la replica di Forza Italia Giovani, che, in concomitanza con la curiosa manifestazione dei professori, ha indetto un volantinaggio pro 133. «Saremo presenti con il nostro materiale informativo - si legge in una nota per invitare gli automobilisti e non solo a comprendere a fondo l’azione del Governo Berlusconi, senza fermarsi in superficie alla demagogia della sinistra. Le occupazioni e lo stop alla didattica ed iniziative vergognose, quali il blocco dei binari, non servono a niente se non a gettare nel caos un mondo universitario malato che necessita di riforme».«Ribadiremo con il nostro volantinaggio ai semafori aggiungono, quanto andiamo avanti a dire da settimane in difesa della Legge 133. Purtroppo lo sappiamo, anche quando vi sono delle palesi situazioni di antifunzionalità nelle Università, toccare lo status quo è un’ardua impresa che fa immancabilmente scatenare tutti coloro che nello status quo ci vivono. La verità è che questo Governo di centrodestra è l’unico che sta avendo il coraggio di curare l’Università».Intanto il consiglio di facoltà di Scienze matematiche fisiche e naturali ha deciso di cominciare ieri l’attività didattica, «perchè un ulteriore rinvio provocherebbe il blocco dell’anno accademico». Il polo scientifico rimane occupato per continuare a manifestare dissenso contro la legge 133, ma le lezioni non saranno bloccate. «Il polo rimane occupato - affermano gli studenti - perchè l’obiettivo principale, ovvero il ritiro della legge, non è stato ancora raggiunto. Perciò il blocco aule rimarrà occupato e da qui verranno organizzate le iniziative».Anche il Sum di Firenze si associa alla richiesta al Ministro Gelmini. Un provvedimento di sistema per assicurare la messa a regime e il finanziamento delle Scuole Superiori a ordinamento speciale all’interno del sistema universitario e di ricerca del Paese. Lo chiede al Ministro dell’Università e Ricerca, Maria Stella Gelmini, la rete delle Scuole Superiori a Statuto Speciale (tra queste il Sum di Firenze).La lettera è stata resa nota dal coordinatore della rete, Salvatore Settis, direttore della Normale di Pisa. «Quali che siano i futuri assetti dell’università, un punto è comunque irrinunciabile: la necessità di valorizzare e premiare la qualità della ricerca e della didattica, di riconoscere e promuovere il merito e il talento dei giovani, di offrir loro nelle istituzioni pubbliche sicure prospettive di lavoro e di carriera. Solo così potrà essere assicurata la prospettiva di produzione della conoscenza, progresso nella ricerca e nella vita civile, sviluppo nell’innovazione e nell’economia che il Paese ha il dovere di assicurare alle generazioni future», scrivono i direttori delle scuole superiori.«Temi di cruciale importanza per tutti gli Atenei quali incentivare la qualità, promuovere l’internazionalizzazione, valutare rigorosamente i risultati della ricerca, della didattica e delle capacità gestionali, incoraggiare e premiare l’innovazione e la responsabilità possono trovare nelle Scuole Superiori un opportuno campo di sperimentazione avanzata. Perciò riteniamo importante che, nel quadro dei provvedimenti sull’università, la funzione delle Scuole Superiori a ordinamento speciale venga adeguatamente riconosciuta, garantita e promossa mediante un provvedimento di sistema che ne assicuri la messa a regime e il finanziamento, fissandone i parametri sulla base delle consolidate esperienze e indicando standard e criteri di valutazione calibrati sulle peculiari caratteristiche di tali Scuole e coerenti con quelli dell’intero sistema universitario»."
Fonte: Quotidiano Il Firenze del 4 Novembre 2008

Baciccia, sapori di Genova

Ho imparato molto sull’enogastronomia italiana leggendo le pagine di Luigi Veronelli, un fuoriclasse del quale parlerò, prima o poi, nell’apposito spazio.
So quanto il Vate della cucina (lo dico nel senso più nobile dell’espressione) osservasse ogni minimo dettaglio dei luoghi che visitava. L’occhio vuole la sua parte, in sala da pranzo ed in qualunque altra stanza della casa.
Conosco altrettanto bene la sua profondità, la sua acutezza, il suo sguardo distaccato e professionale che sapevano scavare ben sotto la crosta delle apparenze. Sono certo che avrebbe apprezzato Baciccia, la trattoria dove consumo di frequente i miei pranzi nei giorni di lavoro ormai da molti anni.
Pochi tavoli, aperto nella sede storica di Via del Colle solo a pranzo e nei giorni feriali, poco più di due ore di fuoco tra mezzogiorno e le due e mezzo con un ricambio continuo di pause pranzo che si rincorrono e che non vogliono arrendersi alla logica del tramezzino gommato, Baciccia mette fianco a fianco – letteralmente - l’onorevole e la studentessa, l’assessore e l’avvocato, lo scrittore ed il bancario per un primo o un secondo che cambia tutti i giorni, un bicchiere di vino, un frutto di stagione e due parole di calcio o di politica.
Da provare lo stoccafisso in umido del venerdì, però – attenzione! - bisogna arrivare presto. Non ne troverete uno uguale in tutta Genova. Ma anche i dolci fatti in casa: le torte, la crema catalana, i tartufi, e le tante variazioni sul tema.
Nel breve tempo a disposizione tutto è su misura, anche il conto. Ma non chiedete il caffè: terreste i tavoli occupati troppo a lungo…

4 novembre: perchè è giusto celebrare.

Il quattro novembre ricorre il novantesimo anniversario della Vittoria, quella con la maiuscola che ancora quando andavo alle elementari era la festa nazionale che ricordava il compimento del percorso risorgimentale e la declinazione in stato unitario di una nazione, quella italiana, che può vantare – esempio raro – due millenni di storia.
Una ricorrenza importante, da celebrare con solennità ed enfasi, anche se non mi sentirei di definirla propriamente una festa: a fianco delle motivazioni che possono portare ad un sentimento collettivo di euforia (la vittoria, la Patria finalmente riscattata, la consapevolezza di essere popolo e comunità nazionale) c’è però il grande rispetto per le migliaia di vite travolte da eventi tragici, ed i grandi sacrifici sopportati dai nostri padri e nonni.
In questo contesto, che non mi pare poi così grondante di sciroppi nazionalistici e patriottardi, c’è sempre chi riesce a sorprendere per intempestività e acrimonia: basta guardare l’acida campagna di boicottaggio alle celebrazioni lanciata da “Liberazione”, il quotidiano rifondarolo, che annovera tra i protagonisti personaggi dei quali si potrebbe citare l’ormai classico “Nomen Omen” (Mao Valpiana, Lidia Menapace…) ed il sempre sgradevole e rozzo Angelo D’Orsi. Questo sedicente studioso è noto fra le persone di normali capacità intellettive soprattutto per le strampalate teorie in base alle quali sarebbe necessario vietare ai dilettanti – con specifico riferimento a Giampaolo Pansa, che però lo sbeffeggia al punto che se io fossi in lui girerei sempre mascherato con il complesso “occhiali-naso-barba” per la vergogna – di raccontare la storia, in modo che a farlo siano solo i “professionisti” (come il livido D’Orsi). Capito, il democratico?
Ebbene, questo mistificatore del tempo passato, questo Cagliostro della memoria si chiede, retoricamente, cosa ci sarà mai da festeggiare. In altri contesti più evoluti la storia la si studia, e pure bene, e il novantesimo della Grande Guerra non è occasione per libagioni ma per convegni e approfondimenti, lontani da quella che il titolo definisce la “canea nazionalista”, dalla quale è salubre tenersi alla larga. Una guerra che produsse enormi cambiamenti, tra i quali un nuovo protagonismo delle masse di cui – questa è bella – le rivoluzioni russe furono il frutto buono (sic!) mentre nazismo e fascismo rappresentarono quello avvelenato.
Non vale la pena dilungarsi su certe posizioni, sia per quanto dicono – mi chiedo come sia possibile nel 2008 anche solo continuare a pensare che il comunismo, soprattutto quello “reale”, non sia un’ideologia orribile, per persone dotate di comune buon senso -, sia per chi le dice, gente che – scrisse qualcuno – se l’Italia fosse in guerra contro i pidocchi si schiererebbero con i pidocchi pur di non stare con l’Italia.
Per rispondere a tono, per definire nel modo migliore quello che dev’essere il vero sentire comune della nostra comunità nazionale di fronte a momenti come questo, riporto alcuni brani dell’articolo che Giangaspare Basile, redattore capo de “L’Alpino”, il mensile edito dall’Associazione Nazionale Alpini (non certo una pericolosa congrega di reazionari), di cui ho l’onore ed il privilegio di far parte, dedica all’evento. Non c’è enfasi, né canea nazionalista, né epica guerrafondaia, come pretenderebbe qualcuno. C’è invece il buon senso di saper guardare in tutte le medaglie entrambe le facce. Una cosa incomprensibile per il totalitarista autentico.

“C’era una volta… la Grande Guerra. La fine non fu celebrata più di tanto: perché la pace fu considerata “mutilata” per l’accettazione solo parziale delle richieste italiane alla Conferenza di Parigi, perché gli intellettuali e le tante voci incendiarie che avevano spinto al conflitto ne stavano raccontando gli orrori, avendo perso nelle trincee del Carso e dell’Ortigara ogni furore. Ma soprattutto per le condizioni sociali ed economiche comuni a tutti i Paesi belligeranti, condizioni che in Italia (e in Germania) avrebbero portato alla dittatura e all’isolamento degli interventisti pentiti.
Nel secondo dopoguerra si è andato progressivamente affievolendo il senso di appartenenza nazionale, con conseguente decadimento dei valori e perdita di identità. L’occasione di riproporci il nostro recente passato ci è stata data dalla scadenza del 90° della fine della prima guerra mondiale. Non che le genti del Triveneto ne avessero bisogno (fu combattuta sulle loro terre che ne conservano ancora tante testimonianze), ma ne hanno bisogno tutti gli italiani in generale, per riprendere coscienza della conquistata e sofferta unità.
La ricorrenza è molto di più d’un semplice anniversario storico: ci riporta al ompimento del nostro Risorgimento attraverso tante celebrazioni, convegni, eminari, saggi, pubblicazioni di memorie che raccontano – al di sopra di ogni suggestione o condizionamento ideologico – quanti infiniti e sovrumani sacrifici abbiano sostenuto i nostri Padri, quali sofferenze e devastazioni abbia sopportato il nostro Paese. E ci ammonisce – dopo aver abbandonato il secolo più sanguinario e devastante che la storia ricordi, per la dimensione e la frequenza delle guerre che l’hanno attraversato – che tutto ciò non deve accadere mai più.”

A Torino i "Poequadri" di Ermanno Eandi


Dal 7 fino al 22 di novembre la galleria d’arte ACI Gallery, in Corso Novara, 20H a Torino , ospiterà la mostra "Dove sarò ieri?", nella quale verranno esposti i "Poequadri", i quadri poetici di Ermanno Eandi, uno dei quali - per gentile concessione dell'autore - può essere ammirato qui a fianco.

I “Poequadri” sono un modo nuovo e originale di proporre la poesia, da anni collaudato da Ermanno Eandi, poeta, scrittore e giornalista. Si tratta di quadri poetici, sovente con immagini di artisti amici dell’autore con sotto piccoli, ma efficaci aforismi, oppure vere e proprie poesie.
Le opere affrontano varie tematiche, dal sociale all’amore, sempre con la sensibilità della poesia.
www.eandiermanno.it