LA LINGUA ITALIANA, ELEMENTO DI UNITA' NAZIONALE

L'unità di un popolo, di una Nazione, passa attraverso molti elementi: territoriali, etnici, e (forse soprattutto) di linguaggio. Non si può pertanto trattare un evento così importante come l'unità politica della nostra Patria senza fare riferimento al tratto unificante rappresentato dalla lingua, e ai suoi protagonisti.

In principio era il latino: quello classico, certamente, e poi quello ecclesiastico, che - con il contributo determinante della Chiesa (con buona pace del turpe e superstizioso laicismo e del pregiudizio anticristiano oggi dominante) – ha tra i tanti ed enormi meriti quello di aver salvaguardato la cultura e l’arte di una Nazione tale già allora dai barbari assalti.

Poi venne il “volgare”, la lingua di tutti, cioè del popolo: un ceppo unificante e tanti altri piccoli ceppi locali – i dialetti – che ad oggi contraddistinguono le peculiarità del nostro incredibile Paese.

Ne ricorderemo tre, di questi fuoriclasse, ma solo come pietre miliari della nostra lingua. Compariranno anche più avanti nel nostro excursus, protagonisti a se stanti. Sono San Francesco d’Assisi, Dante e Alessandro Manzoni.

Il grande santo fu un vero italiano “ante litteram”, e non per caso è il patrono nazionale: con il “Cantico delle Creature” fu poeta e uomo di preghiera, ma anche sintesi di quanto la lingua nascente sapeva produrre.

L’Alighieri portò il tutto ad un superiore livello, componendo un’opera della quale non è dato conoscere l’eguale neppure oggi.

Manzoni, infine, uomo d’arte ma anche patriota fervente, comprese prima e meglio degli altri quanto stiamo cercando di spiegare anche da qui: non vi è popolo senza parlata comune. Il suo romanzo – uno dei più belli di sempre, anche per la storia che racconta, e pensare che gli inglesi portano sul palmo della mano certe pallosissime vicende di Walter Scott – è in qualche modo l’epopea della Nazione che diventa finalmente stato, di cui lo scrittore milanese fu poi a lungo, e giustamente, senatore.

L’italiano, già: e pensare che lo bistrattiamo così tanto! Pensate, amici del Casello, a quanti anglismi idioti utilizziamo nella vita di tutti i giorni. Basta dare un’occhiata alla rubrica “Difendiamo l’italiano”, qui, sul nostro blog (blog, purtroppo: anglismo anche questo)…

150 ANNI DI STATO ITALIANO: IL PRIMO FUORICLASSE E' LA NAZIONE ITALIANA

Iniziamo, amici del Casello, la rassegna dedicata ai protagonisti dei 150 anni dell’unità d’Italia. Un’unità politica che ha sancito un’unità nazionale esistente già da 2.500 anni, perché – come ho sentito giustamente dire da Edgardo Sogno, un grande, grandissimo italiano, e come tale coperto (iniquamente) di fango dai c.d. “progressisti” dell’epoca, i peggiori anti italiani di sempre, per un presunto, molto presunto complotto golpista – lo stato italiano esiste dal 1861, ma la Nazione italiana (o italica) è una Nazione antichissima, risalente ai tempi dei Romani. E qui giova sottolineare – spero non sfugga a nessuno – la differenza tra “stato” (entità amministrativa) e “Nazione” (insieme di caratteristiche che uniscono una comunità radicata su un certo territorio).

Ed è proprio questo il primo fuoriclasse di questo nostro “Bignami” dell’Italia unita: la nostra gente, il nostro territorio, la nostra cultura, la nostra civiltà. Che ha 2.500 anni di storia, ed è una delle più antiche fra quelle arrivate – bene o male, a volte molto più male che bene – fino ai giorni nostri. Una civiltà che mangiava con le posate quando certi “professori” dell’economia mondiale o certi censori dei nostri comportamenti si grattavano la testa con la forchetta o sbranavano la carne cruda.

Oggi di quest’appartenenza alla casa comune italiana si sta perdendo il significato, e si preferisce guardare (o guardonare) nella casa sì, ma quella del “Grande Fratello”. Tranquilli: non siamo degeneri soltanto noi. Il fatto è che una volta le mode le imponevamo (oggi accade per pochi campi), oggi le subiamo.

Ma un po’ di fronte alta e di sano orgoglio nazionale non guasterebbe. Tra l’altro, noi – a differenza di altri – ne abbiamo motivo.