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SAMPDORIA, PROGRAMMAZIONE E BUON SENSO... TATTICO.

Mentre scrivo queste note non so ancora come andrà a finire la partita che lunedì 3 aprile vedrà di fronte Inter e Sampdoria. Però due considerazioni volanti mi sento di esprimerle.
La prima riguarda entrambe le squadre. Hanno al timone due tecnici italiani ancora giovani e motivati, con idee di calcio moderne e concrete. Possono non piacere – parlo delle idee – ma in campo sono riconoscibili in modo chiaro. Si basano sul buon senso e sul materiale umano a disposizione, ottimo per tutte e due le realtà se si fa riferimento ai rispettivi obiettivi.
Credo non sia un caso che, mentre a livello talenti la serie A e il calcio italiano attraversino una fase di transizione, i nostri tecnici siano tra i più apprezzati a livello internazionale e siedano su panchine di grande prestigio. E’ molto più raro il contrario.
La seconda considerazione riguarda la Sampdoria, che ha vinto anche il secondo derby della stagione, con pieno merito. E mentre la partita d’andata era stata più equilibrata e aveva visto trionfare la sagacia tattica di mister Giampaolo, la partita di ritorno ha evidenziato un gap netto in termini tecnici. I giovani a disposizione del tecnico abruzzese sono cresciuti molto nel corso dell’anno, anche proprio grazie alla pazienza e alle virtù didattiche dell'allenatore, e se qualcuno deve ancora dimostrare di valere quanto ci si attende, altri appaiono già maturi per traguardi più impegnativi.
Sarà questa, credo, la sfida del prossimo anno, non meno di quella che attenderà la dirigenza blucerchiata in sede di mercato per non disperdere in poche settimane quanto di buono realizzato in un anno di lavoro intenso e proficuo.

DEMOCRAZIA? PER MOLTI MA NON PER TUTTI

Credo farà discutere ancora a lungo il convegno degli esponenti dei partiti di estrema destra tenutosi a Genova sabato 11 febbraio.
Al casello non abbiamo pregiudizi, ma soprattutto non neghiamo mai il diritto di parola a nessuno.
Un atteggiamento che non tutti condividono, visto che l'occasione della quale stiamo parlando ha suscitato in molti l'impulso di negare la libertà di espressione a fazioni che, condivisibili o no (e per il casellante è no per tanti aspetti), hanno scelto di incontrarsi.
C’è, forte, in larga parte della sinistra italiana (non solo quella di matrice marxista), la stessa autopercezione di superiorità morale e ideale che non è mai venuta meno fin dai tempi di Togliatti e Berlinguer. E quindi di poter decidere, da soli, chi ha diritto e chi no. Anzi, più esattamente: chi è degno e chi no. E chi non è degno non può né riunirsi, né esprimersi.
Un altro aspetto sgradevole è che – ragionando in questo modo – uno dei giocatori si arroga il diritto di essere anche arbitro. Come se tutte le idee potessero avere diritto di tribuna, TRANNE… e vai con l’elenco. 
Un sincero democratico non può accettare in nessun modo una visione così dichiaratamente, intenzionalmente ottusa. Senza contare che questo atteggiamento è proprio di una fazione che nella storia si è coperta di nefandezze peggiori di quelle che vorrebbe combattere, e che si indigna quando vede messi sullo stesso piano i propri eccessi e quelli della parte avversa. Perché, se di eccessi si può parlare - obiettano -, si è trattato solo di zelo o di estremizzazione di idee in sé positive.
Trovo poi preoccupante il commento finale di alcuni degli autoconvocati. Al di là della posizione di chi ha voluto semplicemente testimoniare con la presenza la propria contrarietà – non posso condividere ma in qualche maniera posso capire – c’è anche la posizione di chi fa partire sermoni del tipo “essere antifascisti oggi vuol dire combattere le nuove forme in cui si manifesta il fascismo di oggi: il sopruso, la mancanza di accoglienza”, e via delirando. Non so se è chiaro il concetto: non ci si limita a contestare una prospettiva storica, ma la si lascia aperta per poter combattere ciò che tecnicamente “fascismo” non è e non può essere. 
Il risultato è che tutto quello che a questi non va a genio – dal leghismo al “Family Day” – è in senso ampio una forma moderna di fascismo, e quindi merita di essere combattuto. Attraverso le idee? No, anche attraverso metodi eversivi e antidemocratici. In nome della democrazia e della libertà di espressione.
Il fatto è che l'Italia è l'unico paese l mondo in cui la storia viene ancora oggi utilizzata per fini politici. Questo è un punto sul quale chi la scrive e la insegna dovrebbe meditare. Ma siamo rassegnati: non accadrà ancora per molto tempo.

ITALIA MOSCIA, SOLO L'EMERGENZA CI SCUOTE

Un’Italia strana e silenziosa, quella che si è presentata all’alba dell’anno nuovo. Come se ci fosse una certa resistenza a farsi vedere, a mostrarsi vivi o anche soltanto impegnati e partecipi. In primavera inoltrata si terrà un’importante tornata amministrativa, e ad oggi i cittadini di molti centri importanti non sanno nemmeno chi concorrerà alla poltrona di sindaco. Ben diversa era l’atmosfera nel 2012, quando le liste proliferavano e in molti casi la competizione (anche interna agli schieramenti) sembrava attiva e portatrice di grandi novità. Sarà che le novità non sono arrivate, ma questa situazione soporifera porta davvero i segni della disaffezione verso le istituzioni.
E’ cambiato – in coda ad una netta e tutto sommato meritata sconfitta referendaria – persino il governo centrale, e davvero sembra non sia cambiato niente, se non che tanti (visti gli atteggiamenti della Consulta) sembrano avere una voglia matta di andare a votare, piuttosto senza sistema di conteggio dei voti, purchè lo si faccia: ma allora torniamo al punto precedente, ossia la scarsa voglia di partecipare.
Alla fine l’Italia reagisce solo davanti alle tragedie, come quelle che a più riprese e in più modi hanno colpito il centro del Paese. Quelli che in Liguria sono gli “Angeli del fango” sono gli unici, veri angeli. Un’idea, una provocazione: e se facessimo decidere di più al mondo del volontariato, e meno a quello della politica?