Il gancio tenditore a vite è
quell'organo di accoppiamento – non fraintendetemi, fa già
abbastanza fatica il Casellante a resistere ai doppi sensi – che in
ferrovia serve a collegare un rotabile ad altri, per comporre un
convoglio.
Ne sono dotati i mezzi di trazione, le carrozze passeggeri, i carri merci, i veicoli di servizio. Più volte seppellito dai progressisti della rotaia, in realtà gode di salute eccellente, e ad eccezione di applicazioni molto specializzate – Alta Velocità, metropolitane, tram – continua ad esercitare una funzione umile ma imprescindibile sui binari di tutto il mondo.
Ne sono dotati i mezzi di trazione, le carrozze passeggeri, i carri merci, i veicoli di servizio. Più volte seppellito dai progressisti della rotaia, in realtà gode di salute eccellente, e ad eccezione di applicazioni molto specializzate – Alta Velocità, metropolitane, tram – continua ad esercitare una funzione umile ma imprescindibile sui binari di tutto il mondo.
E... niente: esiste un gancio tenditore
che colleghi tra di loro i tre romanzi del Casello? “Il casello
nascosto tra gli alberi”, “Troppo tardi”, “...Ti regalo una
città”, sono vagoni di uno stesso treno?
Espressa così (espressa... quanti
termini ferroviari...) sembra una domanda retorica. E' ovvio,
l'autore è – immodestamente - lo stesso, e ogni artigiano della
parola ha quel tocco che contrassegna sempre la sua bottega.
Però, in questo periodo di
presentazioni – a proposito, stanno per arrivarne altre: giovedì 4
aprile a Genova, domenica 7 aprile a Trecate (Novara) -, capita
spesso di riflettere su cosa ci sia davvero di comune alle tre
storie. Perchè c'è sempre qualcuno che te lo chiede. E' una delle
tre domande alle quali non si può sfuggire (le altre sono: “quanto
c'è di te nei protagonisti?”, e “stai già pensando ad un'altra
storia?”),
Il fatto è che invece chi inventa il
suo mondo parallelo e lo posa sulle pagine di un libro a queste cose
non pensa. Sicuramente non “prima” e nemmeno “durante”. Chi
crea un mondo di parole e lo fa diventare persone e personaggi,
posti, situazioni, non si rappresenta il nesso, il danno o la
potenzialità data dal regalare pezzi di strada (ferrata, nel nostro
caso) in comune a quella e ad altre storie, sempre che non sia uno di
quegli autori seriali che puntano con baldanza su un cavallo, per
quanto di razza (I Dirk Pitt di Clive Cussler, gli Hercule Poirot di
Agatha Christie), oppure gli emulatori di proprie o altrui creazioni.
Può essere invece che ci si pensi
“dopo”. Succede, eh? La domanda che ti arriva dal pubblico –
che è lì per te, spesso sono amici, se sei lontano li vedi
raramente, e quindi hanno diritto di voler sapere tutto – ti suona
sempre nuova e ti fa riflettere. Ma io, ho un messaggio da portare?
Voglio raccontare qualcosa di speciale nei miei libri, oltre alla
storia che si materializza nel susseguirsi delle pagine? C'è
qualcosa scritto al di fuori delle righe nere – quelle che
contengono le parole – che magari senza volerlo chi ti legge sa
cogliere, e tu non volevi forse nemmeno dirlo, ma lo hai fatto lo
stesso e qualcuno è stato così bravo da trovarlo? E questo
eventuale e farraginoso messaggio è in contraddizione o in
continuità con sé stesso, viaggiando attraverso tre libri?
Oggi, al Casello, non abbiamo ancora
deciso se esistono risposte. Non sappiamo se a percorrere i binari
posati qui davanti sia una littorina isolata o un treno con
locomotiva e vagoni, tenuti insieme con il gancio tenditore a vite.
Ci rifletteremo insieme, e il Casellante sarà grato a chi vorrà
aiutarlo a comporre o scomporre il convoglio di carta.