Gli Stati Uniti hanno eletto nei giorni
scorsi il loro nuovo Presidente, nella figura del magnate Donald
Trump. Una figura discussa, e discutibile, per molte diverse ragioni,
alcune anche condivisibili.
Il casellante non intende entrare nel
merito della questione: anzitutto lo hanno già fatto in tanti,
dentro e fuori gli USA. Ce ne cresce, direi. In secondo luogo, per
una valutazione del merito sarebbero necessari elementi che – allo
stato (anzi, agli Stati: Uniti) – non abbiamo, e chi dice di averli
mente sapendo di mentire.
Come sempre, l’attenzione si
concentra invece sulle reazioni che tale elezione ha suscitato.
Proteste, indignazioni, preoccupazioni. Tutte dalle diverse sinistre
del mondo, e in rari casi anche da altre provenienze, fino a sfociare
in alcuni casi in autentiche proteste di piazza.
Se ne ricavano due impressioni nette.
Anzi, tre. La prima è che le sinistre continuino a rivendicare una
certa superiorità morale su tutti gli avversari. Se vincono gli
altri, vince sempre il peggiore. Su quale piano? Quello etico e
ideale. Chi lo dice? Loro. Un arbitro che gioca. Mah.
Le seconda è che sembra che la
democrazia funzioni se il risultato è consono a quanto desiderato da
lorsignori. Altrimenti si è inceppata da qualche parte. Come noto,
al “Casello” non siamo tra coloro che idealizzano la democrazia:
è un metodo, uno schema di lavoro, una modalità partecipativa, ma
non è né un valore, né un disvalore. Il valore, semmai, è la
partecipazione, che può configurarsi in molti modi, uno dei quali è
appunto la democrazia. Ma se si decide di usarla, bisogna essere
disposti ad accettarne tutte le conseguenze, e fra queste che vinca
qualcun altro, senza far seguire gli esiti da predicozzi
moraleggianti sul fatto che “la gente non ha capito” o sul fatto
che i voti vadano pesati intrinsecamente, invece che contati.
L’ultima, più cronistica che di
scenario, è che ogni volta che vince qualcun altro il progressismo
mondiale alza barriere. Proteste di piazza, barricate, rifiuto di
collaborare, a volte anche di peggio.
Sullo sfondo rimane una domanda: perché
non rispettare un po’ le scelte elettorali della gente, che compra
il prodotto che in quel momento gli piace di più, a prescindere
dalle ragioni che hanno portato a questo effetto?
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