Nella
mia storica, interminata battaglia contro il raglio di chi comunica
tanto e lo fa sempre nel peggiore dei modi, un posto di rilievo se
lo ritagliano locuzioni banalizzate e replicanti e soprattutto
grossolanamente sbagliate.
Me
ne vengono in mente molte, ma una cattura oggi la mia
attenzione: “entro e non oltre”. La troviamo, di solito, al
crocevia tra l’ignoranza e la supponenza. La responsabilità di
farcela incontrare con tanta frequenza non è solo di chi ce la
propina, che – poveretto – nella sua inettitudine all’animazione
comunicativa altro non fa che replicare luoghi comuni di altri e di
altrove. Semmai andrebbe criticata la scarsa attitudine a fare
“qualcosa di diverso”, nel pubblico e nel privato: non si spiega, infatti, come mai il
cambiamento debba essere il mantra costante dei manager più modaioli
(e la resistenza al cambiamento il difetto principale dei
collaboratori), quando poi i primi a comportarsi da acritici
replicanti siano proprio coloro che dovrebbero trasmettere i messaggi
di innovazione.
La
responsabilità è anche di chi – ben più a monte – pensa che
questa endiadi possa dare maggiore enfasi ad una qualsiasi scadenza.
Che la ridondanza generi la necessaria pressione all’ottenimento di
un qualcosa che, comunque, deve essere realizzato entro determinati
confini temporali (e spaziali, essendo “entro” e “oltre”
avverbi di luogo).
Qualcuno
si difenderà: è un rafforzativo. Serve per sottolineare ancora di
più un concetto.
E’
anzitutto il caso di ricordare che l’Accademia della Crusca boccia
inesorabilmente questa locuzione (così come altre simili),
proveniente da quel linguaggio della burocrazia che tutti si
affrettano a condannare, a partire dagli stessi burocrati, salvo farvi ricorso senza alcun filtro.
Poi, detto che sarei curioso di sapere come si possa fare una qualsiasi cosa "entro" ma anche "oltre", nemmeno la teoria del rafforzativo sta in piedi. Perché, volendo gridare ancora di più il concetto, renderlo minaccioso, burocraticamente severo, ottiene l'effetto opposto. Se chi vuole determinare un comportamento è costretto alla minaccia, alla pedante ripetizione, manca evidentemente di autorevolezza. Ed è, nelle gerarchie di ogni organizzazione, pubblica e privata, in abbondante compagnia.
Poi, detto che sarei curioso di sapere come si possa fare una qualsiasi cosa "entro" ma anche "oltre", nemmeno la teoria del rafforzativo sta in piedi. Perché, volendo gridare ancora di più il concetto, renderlo minaccioso, burocraticamente severo, ottiene l'effetto opposto. Se chi vuole determinare un comportamento è costretto alla minaccia, alla pedante ripetizione, manca evidentemente di autorevolezza. Ed è, nelle gerarchie di ogni organizzazione, pubblica e privata, in abbondante compagnia.
In
conclusione, a chi è di cultura classica chiedo: esistono forse
sfumature linguistiche che differenziano le due locuzioni?
A
chi è di cultura scientifica domando invece: può tecnicamente una
qualsiasi cosa essere “entro” un confine e contemporaneamente
“oltre”?
A
chi sarà in grado di darmi risposte rassicuranti prometto che non
mugugnerò ogni volta che qualche comunicazione (di enti pubblici, fisco, scuole, aziende) mi richiederà di
adempiere ad un compito “entro e non oltre”.
Nessun commento:
Posta un commento