L'estate, purtroppo, scivola via
davanti al Casello, con grande scorno degli amanti di questa stagione
(il 73,8% della popolazione, cioè la netta maggioranza, secondo un
sondaggio che il Casellante si sta inventando in questo momento),
spargendo all'intorno il riverbero delle forti calure che anche in
questo inizio di settembre sembrano non voler abbandonare chi lavora
e chi si trastulla, ma anche tante piccole e grandi immagini che ci
faranno compagnia nelle tristi e grigie serate autunnali e invernali,
finchè una nuova primavera non farà capolino con le tenere gemme
verdoline...eccheppalle, persino il Casellante si rende conto che
questo primo articolo della nuova stagione sta venendo fuori una
schifezza, banale, retorico e noioso, quindi stop, prima che sia
troppo tardi.
Lascio all'invidia dei vostri amici e
parenti – yahoo! - il gusto di recensire i vostri album fotografici
del giro ai castelli della Loira o degli spritz a Filicudi. Qui
voglio trattare rapidamente di un fenomeno che sembra giacere in un
baule fino al termine della stagione scolastica per poi
autogonfiarsi, né più né meno degli “airbag” o dei canotti di
salvataggio in dotazione agli aerei, nel periodo che va dal dieci di
giugno alla riapertura delle scuole stesse: le sagre paesane.
Di tradizione antica ma di estrazione
plebea, le sagre – spesso rappresentate nella letteratura e nel
cinema – hanno costituito per decenni una delle poche, vere
occasioni di socializzazione. Antesignane di chiara impronta latina
dei social network e dei siti di incontri, potevano riassumersi in
una formula che comprendeva mangiate “en plen air”, bevute da
dromedario, ballo liscio (“lissio”, per la precisione) con
interpreti sempre uguali da Vipiteno a Pantelleria – la coppia di
novantenni bravissimi e atleticissimi, le due donne di mezza età (ma
anche tre quarti) che ballano insieme, una coppia di undicenni che
scimmiotta gli adulti -, un fienile a portata di … diciamo di mano,
e il tutto all'ombra della statua di un Santo o – in tempi più
recenti – di un palco da comizi,
Molte di queste sagre sono arrivate ai
giorni nostri, e ad esse si sono affiancate nuove e ben poco locali
tradizioni. Niente da eccepire, perciò, quando in Riviera è tempo
della sagra della Trofia, o in Valsecca esplode quella del salame.
Qualche dubbio sulla storia e sulla tradizione viene qualora, da
manifesti di colori normalmente agghiaccianti, si convochi l'universo
a presenziare alla “Sagra dell'asado” o alla “Sagra della
paella”, il più delle volte organizzate in località dove la meta
più esotica è rappresentata da Isola del Cantone (che, se non altro
– e non altro - è un'isola).
E finisco qui: abbiamo ancora una
decina di giorni, e qualche sagra possiamo ancora ragionevolmente
trovarla.
A proposito: da qualche parte ho letto
che domenica è prevista la “Sagra della patata”. Sono curioso...
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