Credo farà discutere ancora a lungo il convegno degli esponenti dei
partiti di estrema destra tenutosi a Genova sabato 11 febbraio.
Al casello non abbiamo pregiudizi, ma soprattutto non neghiamo mai il diritto di parola a nessuno.
Un atteggiamento che non tutti condividono, visto che l'occasione della quale stiamo parlando ha suscitato in molti l'impulso di negare la libertà di espressione a fazioni che, condivisibili o no (e per il casellante è no per tanti aspetti), hanno scelto di incontrarsi.
Al casello non abbiamo pregiudizi, ma soprattutto non neghiamo mai il diritto di parola a nessuno.
Un atteggiamento che non tutti condividono, visto che l'occasione della quale stiamo parlando ha suscitato in molti l'impulso di negare la libertà di espressione a fazioni che, condivisibili o no (e per il casellante è no per tanti aspetti), hanno scelto di incontrarsi.
C’è,
forte, in larga parte della sinistra italiana (non solo quella di
matrice marxista), la stessa autopercezione di superiorità morale e
ideale che non è mai venuta meno
fin dai tempi di Togliatti e Berlinguer. E quindi di poter decidere, da
soli, chi ha diritto e chi no. Anzi, più esattamente: chi è degno e chi
no. E chi non è degno non può né riunirsi, né esprimersi.
Un
altro aspetto sgradevole è che – ragionando in questo modo – uno dei
giocatori si arroga il diritto di essere anche arbitro. Come se tutte le
idee potessero avere diritto
di tribuna, TRANNE… e vai con l’elenco.
Un sincero democratico non può
accettare in nessun modo una visione così dichiaratamente,
intenzionalmente ottusa. Senza contare che questo atteggiamento è
proprio di una fazione che nella storia si è coperta di nefandezze
peggiori di quelle che vorrebbe combattere, e che si indigna quando
vede messi sullo stesso piano i propri eccessi e quelli della parte
avversa. Perché, se di eccessi si può parlare - obiettano -, si è trattato solo di
zelo o di estremizzazione di idee in sé positive.
Trovo
poi preoccupante il commento finale di alcuni degli autoconvocati. Al
di là della posizione di chi ha voluto semplicemente testimoniare con la
presenza la propria contrarietà
– non posso condividere ma in qualche maniera posso capire – c’è anche
la posizione di chi fa partire sermoni del tipo “essere antifascisti
oggi vuol dire combattere le nuove forme in cui si manifesta il fascismo
di oggi: il sopruso, la mancanza di accoglienza”,
e via delirando. Non so se è chiaro il concetto: non ci si limita a
contestare una prospettiva storica, ma la si lascia aperta per poter
combattere ciò che tecnicamente “fascismo” non è e non può essere.
Il
risultato è che tutto quello che a questi non va
a genio – dal leghismo al “Family Day” – è in senso ampio una forma moderna di
fascismo, e quindi merita di essere combattuto. Attraverso le idee? No,
anche attraverso metodi eversivi e antidemocratici. In nome della
democrazia e della libertà di espressione.
Il fatto è che l'Italia è l'unico paese l mondo in cui la storia viene ancora oggi utilizzata per fini politici. Questo è un punto sul quale chi la scrive e la insegna dovrebbe meditare. Ma siamo rassegnati: non accadrà ancora per molto tempo.
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