CAPRINO DI CAPRA

A volte si rimane perplessi davanti a certe epifanie del legislatore italiano, in molti settori. A volte si rimane ancora più perplessi per quanto le bizzarrie non scuotano in nessun modo l’opinione pubblica.
Prendo un esempio banale ma concreto: il formaggio “caprino”.
Credo che - per come viene presentato, e ragionando in astratto - a nessuno venga in mente che questo tipo di formaggio, a pasta molle e cremosa e generalmente di forma cilindrica, possa essere fatto con latte che non sia di capra. A nessuno, ma è una mia supposizione, verrebbe in mente di chiamare “pecorino” un formaggio che non sia fatto con latte di pecora, e sono molte le eccellenze italiane che si riconoscono in questa denominazione, in tante regioni.
Resto quindi interdetto quando mi capita di vedere esposto un formaggio che reca con sé l’etichetta che si vede in fotografia. Di primo acchito mi sembra una precisazione inutile, una ridondanza sciocca, quasi come “entro e non oltre” che tanti inseriscono nei loro bandi e comunicati come a voler aggiungere qualcosa di ulteriore (non è vero: se è entro, non può essere oltre).
Poi mi documento e scopro… scopro che inizialmente era proprio così, cioè come dovrebbe essere: il “caprino” era un formaggio fatto con latte di capra. Poi la prassi industriale ha portato ad aggiungere prima e a sostituire completamente poi il latte di capra con quello vaccino, snaturando il prodotto, e oggi – per la legislazione italiana – se il caprino NON è di capra non è necessario aggiungere altro, mentre se è di capra questa caratteristica va specificamente aggiunta.
Per capirci, è come se “italiano” potesse essere chiunque, ma solo se lo si fosse davvero sarebbe necessario aggiungere “italiano d’Italia”.

Obiezione possibile: anche la mozzarella nasce “di bufala”, ma poi viene prodotta industrialmente con latte vaccino. Respinta: nel nome “mozzarella” non c’è nessun richiamo alle bufale. Bufale che invece ci vengono somministrate (per legge, of course) nella produzione di formaggi cosiddetti “caprini”...
Nessuno ci fa caso, ovviamente. Ci sono problemi ben più seri. Però chiudo con due considerazioni, una dietetica e l’altra economica.
La prima è che il formaggio caprino è noto per essere in sostanza più magro del formaggio vaccino e molto più magro di quello di pecora, fino alla leggenda metropolitana secondo cui sarebbe addirittura privo di colesterolo (è falso, purtroppo). L’ingannevole sua provenienza non è quindi solo una questione di etichetta.
La seconda: ci preoccupiamo tantissimo di quanto il “made in Italy” venga clonato e taroccato in giro per il mondo, specie in estremo Oriente, e di quanto danno tutto ciò crei alla nostra bilancia dei pagamenti agroalimentare. E se iniziassimo a dare il buon esempio?