IL CASELLO NASCOSTO TRA GLI ALBERI

Fresco di stampa, ecco finalmente il romanzo del Casello. Sì, perché è proprio un piccolo edificio ferroviario il protagonista di “Il casello nascosto tra gli alberi”, il romanzo d’esordio di Giuseppe Viscardi, giornalista ed esperto di comunicazione genovese, che sta appassionando lettori e lettrici di tutte le età per l’originalità del soggetto, il suo stile semplice e diretto e i suoi personaggi ricchi di umanità.
E’ davvero particolare la vicenda del ragazzo lombardo che in maniera casuale – in seguito alla valanga che travolge tutte le sue certezze – prova a ricominciare da zero, e lo fa sulle alture della Val Polcevera. Una storia che si legge tutta di un fiato, organizzata in maniera sorprendente dall'autore, senza che nessuno dei rivoli del racconto si perda in una valle e fondo cieco, ma in maniera che tutti confluiscano nel mare. Una bellissima favola su che cosa conta veramente nella vita, sull'amicizia e sull'amore. Un racconto che esalta l'asse portante dell'anima degli uomini (quelli che ne hanno una), a danno di tutti gli orpelli e i fronzoli con cui siamo abituati a ricoprirla. Una fuga da situazioni drammatiche e complicate, che diventa poi una fuga da quel se stesso che in fondo al protagonista non era mai piaciuto.
Un libro che spiega che un’anima determinata a ritrovare sé stessa, ce la può fare, e che per avere fortuna e l'aiuto di Dio bisogna anche meritarseli.
Una lettura appassionata, che alterna momenti minuziosamente descrittivi ad altri più “mossi”, che strappa qualche lacrima e molti sorrisi, e tiene incollati alla storia per tutta la sua durata.
Per gli amici del Casello il libro è acquistabile tramite gli indirizzi di posta elettronica presenti sul blog, oppure è disponibile alla Fiera del Libro di Galleria Mazzini, presso lo stand della casa editrice N.E.G., Nuova Editrice Genovese, e poi ancora nelle migliori librerie.

LA POVERTA' DELLA MUSICA DEGLI ANNI '70

Mi trovo spesso a pensare a quanto i cantautori italiani abbiano inciso sulla nostra formazione musicale. Quando ero ragazzino, diciamo negli anni settanta e fino ai primi anni ottanta, esistevano in pratica tre generi musicali: il grande rock internazionale, la canzone impegnata, la musica popolare, di facile presa. Quest’ultima era come la Democrazia Cristiana: nessuno diceva di sceglierla perché faceva sfigato, ma in realtà poi l’ascoltavano tutti. Le altre due si dividevano il campo dei ganzi, con scarse o nulle contaminazioni.
Da un punto di vista dell’educazione musicale, purtroppo, il ruolo dei cantautori va giudicato come negativo: la povertà dei loro suoni, i lunghissimi e noiosi pistolotti accompagnati da stornellate elementari, hanno inciso negativamente su una generazione che ha in sostanza scelto le parole – oggi, tra l’altro, desuete e spesso contraddette dai fatti – rispetto alla musica.
Niente da dire su certi testi, specie certe poesie d’ambiente (mentre va considerato nefasto, a questo punto, l’apporto all’agone politico propriamente detto), ma a livello musicale… Il fatto è che “La locomotiva” era alla portata di tutti, mentre “Shine on you crazy diamond” era di difficile portabilità, specie allora che le parole su internet non si riuscivano a trovare. Un po’ per motivi pratici, un po’ per non restare esclusi, ecco che si finiva per accettare quella che sembrava l’unica soluzione. Dalla quale, tra l’altro, rimanevano esclusi autentici fenomeni (riabilitati dalla storia, a volte – purtroppo – quando era tardi) come Rino Gaetano e gli esordi di Vasco Rossi, Zucchero Fornaciari, Enrico Ruggeri.
Gli anni Ottanta, tra i tanti, enormi meriti, hanno per fortuna spazzato via gli anni settanta anche sul piano della musica. Chi cerca sempre di immobilizzare il mondo ha anche accusato alcuni cantautori che hanno avvertito il cambio di passo (come Edoardo Bennato) di essersi prostituiti alla musica commerciale. Ma solo loro.
E sono in buona compagnia: politica e letteratura, tanto per fare un esempio, hanno conosciuto storie simili, con l’aggravante che certe abitudini sono dure a morire.