LA CULTURA, COLLANTE ITALIANO

La cultura è l’elemento che ha tenuto insieme la Nazione italiana nei millenni, anche quando lo stato unitario era ancora ben lontano dall’essere concepito. Una cultura sempre all’avanguardia, con tratti comuni molto marcati ed effetti di pregio indiscutibile ed assoluto: nessun’opera ha mai avvicinato la “Divina Commedia”, nessun romanzo coevo eguaglia “I Promessi Sposi”, nessun quadro è più famoso della “gioconda”, e poi dici “statua” e pensi a Michelangelo, “opera lirica” ed ecco Verdi, e ci fermiamo qui.
Un’arte universale ed originale, sintesi del mondo che – da sempre – si affaccia sul nostro mare e guarda a noi anche dal buco della serratura. Basti pensare all’invidia spocchiosa dei francesi o a quella da “sempre dietro” degli spagnoli.
Se un difetto ha il popolo italiano (e invece, purtroppo, ne ha molti), quello è l’esterofilia. Si va a Madrid e si visita il Prado, a Parigi è d’obbligo la tappa al Louvre, ma il piccolo o grande museo della nostra città o paese non sappiamo nemmeno esattamente dove sia, o cosa esponga.
Da più parti si sente parlare dell’Italia come di un “museo diffuso”, o anche di un unico, grande museo a cielo aperto. Tutto vero. L’arte, sia quella dei grandi nomi, sia quella degli emuli o degli umili, va gustata con calma, è una forma di cura per la persona che la assume.
Magari in piccole dosi, - le arti figurative, ma anche il cinema, il teatro, la musica, hanno talvolta l’ingiusta fama di portatrici sane di noia – ma facciamola, questa cura. E’ un ottimo antidoto contro la noia vera, la managerizzazione della nostra vita, l’inciviltà imperante.

NON C'E' ITALIA SENZA CRISTIANESIMO

Un aspetto da non trascurare nella storia della Nazione italiana è costituito dall’apporto del Cristianesimo. E’ un paradosso, se vogliamo: non ci sono “italiani” senza la spiritualità e la cultura cristiana, ma l’Italia Unita è nata senza, e per molti versi “contro”, il cattolicesimo dell’epoca.
E’ questo un argomento spesso utilizzato dalla superstizione laicista anticristiana oggi imperante: i cattolici sono rimasti estranei al percorso unitario, non facendosi coinvolgere ed anzi spesso ostacolandolo.
C’è del vero: il potere temporale della Chiesa, ormai a quel tempi in via di esaurimento, scelse di non farsi coinvolgere, vanificando le speranze di quanti (come Rosmini e Gioberti) credevano nel ruolo propulsivo della Chiesa stessa all’interno del processo di unificazione.
Fu un peccato grave, perché l’afflato unitario fu lasciato in monopolio ad una corrente minoritaria (quella liberal/anticlericale), illuminista nel senso deteriore del termine e gravata per contrasto da una forte ipoteca pagana e massonica. Ne portiamo le conseguenze ancora oggi.
Eppure la presenza cristiana in Italia ed in Europa è organica allo sviluppo e alla cultura da due millenni. Le figure di riferimento sono tante e tali da non poter essere citate tutte senza far torti, ma basta chiedersi cosa sarebbe il mondo senza l’opera di ricostruzione iniziata da San Benedetto, senza il ritorno alla spiritualità delle piccole cose di San Francesco d’Assisi, senza l’attenzione ai giovani di San Giuseppe Calasanzio o di San Giovanni Bosco, senza la cura dei più deboli di San Camillo de’ Lellis, o i più recenti Beati Don Luigi Orione, Don Giuseppe Cottolengo o Don Carlo Gnocchi.
Oggi come allora la presenza cristiana nella società italiana è ben radicata, e non tanto sul piano politico (anche se quella stagione ormai tramontata viene oggi da molti rimpianta), quanto sul piano sociale ed etico. Senza, sarebbe un unico, immenso partito radicale, tutto diritti e permessi: il Far West.

150 ANNI D'ITALIA, ANCHE PER LE VITTIME DI TITO E GLI ITALIANI D'ISTRIA, QUARNARO E DALMAZIA


Domani, 10 febbraio, è il "Giorno del Ricordo", dedicato alla memoria delle vittime delle persecuzioni titine ai danni di Italiani nei territori italiani (che non smettono di essere tali) attualmente sotto sovranità di altri stati.
I "martiri delle foibe", certo; ma anche coloro che subirono l'espropriazione di ogni loro bene e dovettero lasciare il "paradiso comunista" del peggior anti-italiano della storia (nel centocinquantenario è bene ricordarselo): il famigerato Josip Broz, "il maresciallo Tito".
Abbiamo il dovere di "partecipare", senza "se" e senza "ma", anche per riparare al torto che bieche ragioni opportunistiche fecero perpetrare ai danni di centinaia di migliaia di nostri connazionali.
Un dovere che deriva anche dal pessimo esempio di come la storia del dopoguerra ci sia stata raccontata, specie nelle scuole. Un dovere che non ammette dimenticanze nè giustificazioni, che pure qualcuno ciclicamente esibisce.
Chi volesse approfondire l'argomento troverà su Facebook la pagina dedicata a Norma Cossetto, la martire che più di chiunque altro incarna la tragedia dei nostri confini orientali.