UN ALLENATORE COI FIOCCHI

Devo dire la verità: quando fu annunciato l'arrivo alla Sampdoria di Marco Giampaolo, al posto di Vincenzo Montella (destinato al Milan, liberato da una clausola capestro con la Fiorentina grazie ad un colpo di mano di Ferrero, e adesso - ironia della sorte - nuovamente sulla panchina viola), beh, ero sicuramente tra gli scettici. Avevo davanti agli occhi episodi che, sommati, mi facevano pensare fosse una scelta rischiosa, a dir poco. Esoneri a raffica, fughe con certificato medico, carattere indecrittabile, e ci sarebbe da continuare.
Giorno dopo giorno, partita dopo partita, e sono ormai tre anni, questo allenatore mi ha davvero conquistato. Mi piace quando allena, quando siede in panchina, quando parla davanti ai microfoni di partite da compiersi o già agli archivi, oppure quando discetta di altro, ad esempio di cosa significhi il mestiere di allenatore al giorno d'oggi.
Poco alla volta non solo ho imparato ad apprezzarne le qualità tattiche, non solo ho imparato a cercare, in campo, i dettagli dei suoi dogmi - la difesa schierata in linee perfette, il centrocampista centrale che si fa vedere, le mezze ali che corrono ad accorciare il campo in senso longitudinale, e via continuando - ma ho imparato persino ad apprezzare i suoi limiti, a comprendere i suoi (eventuali) errori, a giustificare le imbarcate - grandi e piccole - che la sua Sampdoria continua a prendere, anche quando magari non te lo aspetteresti.
Così, prima che sia tardi e anche questo campionato debba essere destinato agli almanacchi, ci tengo a fare outing e a professarmi, qui davanti al "Casello", un Giampaoliano fatto e finito. A bearmi della sua ennesima vittoria contro i rivali cittadini tetramente bicolori, e a non dolermi più di tanto dell'infausto secondo tempo di Bologna, campo sul quale conto di vederlo vincere prima o poi, vista la poca simpatia che nutro per città, popolazione, tifoseria, squadra (e colori sociali).
A tenere banco, in queste settimane, è la possibilità che la Sampdoria cambi padrone. Non ho elementi per esprimermi nè in un senso - credo sia incontestabile che Ferrero, bravo e/o fortunato, abbia lavorato bene nel suo quinquennio, e non mi sembra giusto fare paragoni con dirigenze passate, tutte a loro modo apprezzabili - nè nell'altro. Un auspicio, però, lo butto lì: mi piacerebbe che, al ritiro di luglio, a guidare il pullman della squadra verso le Alpi sia ancora un autista abruzzese nato a Bellinzona.