LA COMODA NOSTALGIA DEL NON CREDENTE



Non sono mai stato un grande estimatore di Dario Fo. Mi rendo perfettamente conto del fatto che sia stato un eccellente attore, un brillante commediografo, e sicuramente un uomo di cultura.
Temo tuttavia che le sue appartenenze ne abbiano condizionato l’arte al punto da renderla molto simile a quella delle ideologie che ha cercato – nella sua seconda vita – di combattere con foga.
Non posso dimenticare che, nei primi anni settanta, lui e la moglie abbiano preso acriticamente le difese di colui che si era reso responsabile di un assassinio politico inutile e insensato, quello del giovane Ugo Venturini, considerato la prima vittima degli “Anni di piombo”. Il “Soccorso rosso”, del quale facevano orgogliosamente parte, difendeva “a prescindere”, cosa che per una persona di cultura è di per sé un limite.
Ma non è di questo che il Casellante intende parlare: onore alla memoria di un artista discusso e discutibile, un altro pezzo di storia che se ne va.
Sono invece rimasto perplesso nell’ascoltare le parole del figlio Jacopo alla cerimonia, rigorosamente laica, tenutasi per dare l’estremo saluto al Premio Nobel per la Letteratura.
Qualcosa che suonava più o meno: “Siamo atei, ma io lo immagino lì, da qualche parte, con la mamma (Franca Rame, ndr), che si stanno facendo quattro risate”.
Ma anche qualcosa che dimostra, una volta di più, la nostalgia per una dimensione ultraterrena che sa tanto di vuoto.
Se sei ateo in modo lineare, finisce tutto. Dove potrebbero mai essere, e perché, i due famosi “de cuius” a farsi quattro risate?
L’impressione è che chi ha sempre considerato la religione come “oppio dei popoli” finisca per provare un ancora più intenso desiderio di drogarsi, non trovando risposte convincenti all’interrogativo estremo: cosa c’è di là?
Quella domanda a cui la morte, specie di una persona cara o nota, mette tutti davanti. Trovo un po’ troppo comodo, però, respingere l’idea di un Dio in vita e poi cercare l’aldilà in sua assenza.

1 commento:

Unknown ha detto...

Carissimo Casellante,

Sono convinto che l'esternazione di Jacopo Fo sia quella di una persona che stava vivendo il dolore immenso della perdita di un padre.. e, rendendo onore al merito indipendentemente dalla condivisione o meno di idee e posizioni, che padre..!
Non credo che un ateo convinto possa cambiare idea così facilmente circa "l'inquilino del piano di sopra".. lo scoramento provocato dal dolore lo ha portato ad esprimere un concetto per lui diverso, ma a bocce ferme ed emozioni ricondotte entro l'alveo del controllo, il luogo dove papà Dario e mamma Franca si stanno facendo quattro risate gli sarà apparso nuovamente chiaro: nel suo cuore, nella sua coscienza e nel ricordo che un figlio grato conserva dei genitori. Che consente loro di sopravvivere alla morte.