LA GRANDE GUERRA, CENTO ANNI DOPO

Da piccolo, il Casellante sentiva parlare con orgoglio della Prima Guerra Mondiale. Erano ancora in vita tanti di coloro che vi presero parte, e molti erano i "Cavalieri di Vittorio Veneto" che si potevano incontrare. Una gierra "vinta", per un bambino, era pur sempre un motivo di fierezza.
Gli anni passano, e le riflessioni assumono sempre di più - peccato, è l'età che avanza - contorni più saggi e sfumati.
Non vogliamo qui trattare in modo organico alcun argomento: storico, politico, sociale, umano, persino letterario, visto che all'ultimo atto delle guerre risorgimentali parteciparono fior di cervelli e di letterati.
Ci piace soltanto ricordare quanto i nostri avi fecero, senza in pratica ancora capirsi tra di loro, visto che il dialetto era di fatto l'unica lingua parlata dal popolo. Un senso del dovere incompreso li mosse a guardare i nostri confini e a compiere l'opera di unificazione, solo perchè così si doveva. Non si valutava la congruità, ma solo il fatto che la Patria - nessuno osava chiamarla in modo diverso - lo esigeva.
Così onore a loro: un pensiero per chi vide l'ultima alba di quel drammatico conflitto, e anche di più per chi non ci riuscì. E' anche per il loro sacrificio che oggi possiamo raccontare in libertà quella terribile pagina.

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