IL MISTERO DEL PASSO DYATLOV - SESSANT'ANNI DI OMBRE

E' stata sicuramente la più misteriosa e tragica spedizione scialpinistica di tutti i tempi, eppure ancora pochi sono coloro che conoscono le vicende di questi nove ragazzi russi, dapprima scomparsi e poi ritrovati morti sui monti Urali, nella parte centrale dell'allora URSS.
Era il febbraio 1959, ed un gruppo di studenti dell'Università di Ekaterinburg, alcuni già laureati (per lo più in ingegneria), altri in dirittura finale, aveva deciso di compiere un'escursione lungo una zona impervia e in larga parte inesplorata nel nord della catena degli Urali.
Percorsa la prima parte del tragitto in treno e autocarro, lasciato uno dei compagni all'ultimo avamposto abitato a causa di un'indisposizione (che gli avrebbe salvato la vita), i nove si erano avventurati sulle pendici del Monte Otorten. Avrebbero telegrafato a casa una volta compiuta la traversata, che prevedeva marce con gli sci e notti in tenda con temperature fino a - 30°.
Era l'Unione Sovietica di Kruscev, che tentava di scrollarsi di dosso la patina grigio sangue dello stalinismo con nuove aperture (la cosiddetta "distensione") e una ritrovata vitalità, che questi giovani sembravano voler interpretare.
Quel telegramma non arrivò mai. Passate alcune settimane, le famiglie esercitarono pressioni perchè le autorità iniziassero a cercare i ragazzi. Tra la fine di febbraio e l'inizio di marzo le squadre  di soccorso individuarono la tenda, vuota e - si disse nei testi ufficiali - squarciata dall'interno.
Dalla tenda partivano una serie di impronte, otto o nove paia, alcune lasciate da persone senza calzature, che però scomparivano cinquecento metri più avanti. Sotto un grande cedro, a circa un chilometro e mezzo, furono rinvenuti i primi due corpi. Lungo il pendio, qualche giorno dopo, ecco altri tre cadaveri, girati come se i ragazzi stessero tentando (nella notte, con temperature proibitive e senza alcuna visibilità) di rientrare all'accampamento. Degli altri quattro nessuna traccia, fino al disgelo: erano collocati in una specie di rifugio nella neve, sulle rive di un ruscello, morti anch'essi.
Molti di loro presentavano ferite le più diverse, alcune fatali, altre no. Ma nessuna spiegazione ebbe mai il pregio di risultare definitiva.
Di sicuro c'è solo che qualcosa, o qualcuno, li indusse a lasciare il caldo tepore del rifugio notturno per mettersi al riparo da... cosa? Forse nessuno lo saprà mai.
Si parlò di UFO, di Yeti, di manovre militari, di incidenti, di valanghe, di follia collettiva. Nessuna spiegazione, a tutt'oggi, toglie spazio a dubbi e incongruenze. La scena della tragedia venne fortemente contaminata dalle squadre di soccorso, e molti elementi utili all'indagine scomparvero con i ragazzi.
Non intendiamo qui dilungarci, anche perchè sul web esiste una lunga sfilza di teorie, anche bislacche, su come fossero potute andare effettivamente le cose.
Segnaliamo qui il sito più accreditato dove, anche a distanza di sei decenni, tanti appassionati cercano di ricostruire questa incredibile vicenda: 

https://dyatlovpass.com/  

A noi preme soprattutto perpetuare il ricordo di questi sfortunati ragazzi, che sfidarono gli elementi con un'impresa ritenuta audace e che invece si rivelò fatale. Un pensiero a loro, e alle loro famiglie.

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