SANREMO: UNA MODESTA PROPOSTA

Cala il sipario sulla sessantanovesima edizione del Festival per antonomasia, conosciuto in tutto il mondo non solo e non tanto per la divulgazione della musica italiana, quanto per la parata di ospiti internazionali la cui presenza nobilita il palco dell'Ariston e che - spesso - nella storia ha visto autentiche perle.
Un'edizione decisamente sottotono, va detto. Molto peggiore, senza andare lontano, delle tre che l'hanno preceduta. Imbarazzata e imabarazzante la presentazione, disguidi tecnici e buchi temporali come nemmeno alla Sagra del Frisciolo, livello musicale scadente sia nella presenza, sia nella qualità.
Al Casello, si sa, un po' di musica la mastichiamo, e vorremmo addentrarci anche in disquisizioni tecniche, ma sarebbe un addentrarci pericoloso, perchè la soggettività del giudizio in campo artistico fa sembrare brutto ciò che è bello e viceversa, oppure piace a Tizio ciò che ripugna a Caio, in un mescolio di età, sesso, gusti, geografia che non permette di esprimere, in definitiva, giudizi che possano avere pretesa di oggettività.
Così ci buttiamo a dire che, a parer nostro, è evidente l'invadenza del rap a scapito della musica e soprattutto del canto in senso tecnico. Un'invadenza che non rispecchia affatto le percentuali di diffusione e di gradimento tra le due tecniche. Non è un giudizio di merito, ma una semplice constatazione.
Sempre a giudizio del Casellante, i cosiddetti "big" ai nastri di partenza erano davvero pochi. Non è un fenomeno nuovo: fin dalla seconda metà degli anni settanta la rincorsa alla pedana sanremese da parte dei mostri sacri ha conosciuto fasi alterne ma comunque in chiaro ribasso rispetto alle origini, quando si veniva notati - avrebbe detto Nanni Moretti - sia nell'esserci, sia nel mancare. Ma mai come quest'anno beniamini del pubblico se ne sono visti pochi, e per giunta - tolta Loredana Bertè, che sembra una caricatura ma è arrivata al Festival con una canzone finalmente credibile e all'altezza del suo passato - con brani che non rimarranno impressi nel marmo.
Ancora: è evidente che l'ospizio non è più produttivo. L'anno scorso Roby Facchinetti e Riccardo Fogli, quest'anno Patty Pravo, i nonnetti vanno incontro a magre figure. D'altra parte, a pensarci bene, all'epoca dei trionfi di Gigliola Cinquetti, Bobby Solo e Adriano Celentano, le Nille Pizzi e i Luciano Tajoli se ne guardavano bene dal credersi competitivi.
Si può fare meglio? Sì. I modi potrebbero essere millanta, che tutta notte canta, è il caso di dire. Ma una proposta verrebbe da farla: perchè non tornare alle coppie, come negli anni più fortunati? Lo stesso brano proposto da due esecutori diversi: due italiani, magari uomo e donna, oppure un complesso, e un solista, o ancora un big di casa nostra e una star internazionale.
Non credo potrebbe essere peggio di adesso. E, forse, si assisterebbe al recupero della musica e del canto sul testo recitato su basi sincopate e distoniche.

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