LE PERSONE SCOMPARSE, UN DRAMMA CHE SI RIPETE

Anni di attenzione al mondo della “nera” mi hanno convinto di una cosa: se per l’ordinamento giuridico inglese, a diritto non codificato, il principio saliente è il cosiddetto “habeas corpus” (in soldoni: presentati con una prova e io ti farò giustizia), il modo migliore per farla franca – e realizzare così il delitto perfetto, luogo dell’immaginazione di tante menti perverse – passa attraverso la negazione di tale principio.
Avete mai riflettuto, amici del Casello, a quante persone scompaiono ogni anno in Italia e nel mondo? Un numero incredibile. Un fenomeno, questo, giunto solo negli ultimi vent’anni sotto gli occhi dei riflettori mediatici, segnatamente grazie alla trasmissione “Chi l’ha visto?”, esempio positivo – malgrado qualche contaminazione ideologica, specie negli ultimi anni – di televisione di servizio, che ha contribuito a far luce su molti casi drammatici e a tenere alta l’attenzione su tantissimi altri sui quali gravava altrimenti la cupa prospettiva dell’oblio.
Certo, c’è chi sparisce deliberatamente. Succede, ed in questi casi nessuno discute il diritto di chi porta la propria avversione verso il mondo che lo ha visto protagonista fino al giorno prima fino alle estreme conseguenze. Ma la stragrande maggioranza delle scomparse racchiude in sé un dramma. Della solitudine, della malattia, della disperazione, della disattenzione. Quando non dell’incontro sbagliato.
Sì, perché – chi segue questo genere di vicende lo avrà notato – quando uno scomparso non viene ritrovato nei primi tempi dopo la sparizione, è assai probabile che sia morto. Una disgrazia, un suicidio, un delitto: la statistica dice che le (rare) persone ritrovate a distanza dalla scomparsa non potranno quasi mai raccontare cosa è davvero accaduto.
E quindi, pensando a casi anche recenti: quante famiglie non hanno nemmeno la consolazione di una pietra sulla quale piangere la persona cara! E, come corollario: quanti delinquenti, con tutta probabilità, si nascondono tra noi, a volte solo sfiorati dal sospetto, a volte neppure quello.
L’associazione “Penelope” da anni si batte per il conforto e l’aiuto alle famiglie delle persone scomparse, promuovendo anche un’iniziativa legislativa che possa contribuire a far luce sui tanti, troppi misteri irrisolti (alcuni anche di risonanza mondiale, dalla scomparsa dei cattedratici Ettore Majorana e Federico Caffè a quella di Emanuela Orlandi e Mirella Gregari, fino al giudice Paolo Adinolfi). Ad esempio, in Italia non c’è una banca dati accentrata che metta in relazione i cadaveri senza volto conservati per anni negli istituti di medicina legale con le persone scomparse.
Noi, qui al Casello, se possibile una mano la diamo volentieri. La parola a voi che transitate da qui.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

necessita di verificare:)

Anonimo ha detto...

imparato molto