QUALCOSA DA REFRESCIARE

Ci sono cascato ancora. Sono stato ad una riunione. Di quelle con al centro finanziamenti ed investimenti, managerialità e proattività, che esistono ancora, nonostante il brutto clima che li ha perseguitati negli ultimi mesi.
E’ vero, dovrei evitare. Lo so che maltrattano l’italiano, e poi ci resto male (il correttore di Word, ad esempio, mi sottolinea subito “proattività”, perché non esiste, ed è una parola orribile e senza senso). Però mi intriga ascoltare i relatori, ne imparo sempre di nuove. Prendo appunti sul loro idioma - “idioma”, con la “m” - più che sul resto, ma così facendo non perdo una battuta. Avessi seguito questa strada anche a scuola!
Questa volta la mia attenzione è stata catturata dai verbi. Eh sì, perché ormai siamo ben al di là dell’abuso del singolo termine anglo (a proposito: niente mi toglie dalla testa che il cicisbeo al microfono ne faccia un uso di tipo sacerdotale, della serie: “Io ho il rito e la scienza, e te la infondo, per quanto mai potrai capirmi”).
Ora siamo arrivati felicemente all’italianizzazione del verbo da utilizzare. Mi sono ormai rassegnato a sentire e leggere il verbo “supportare”, che - come ho già ricordato – in italiano non esiste. Ho però scoperto la possibilità di refresciare, da “to refresh”, cioè rinnovare, rinfrescare. “Stiamo refresciando la gamma dei servizi”, anche se troverei più pertinente refresciare il vocabolario.
Capita spesso che ci sia anche qualcosa da apgradare (da “to upgrade”, cioè portare ad un livello superiore, aggiornare con miglioramenti). “Abbiamo apgradato l’applicativo di sistema”, trillano festosi questi aspiranti Fratelli Lehmann ai quali – per contro – si daungrada il cervello di giorno in giorno.
Come ci siamo già detti, si può anche accettare l’utilizzo del termine alloglotto se aiuta a sintetizzare un concetto che altrimenti necessiterebbe di prolisse ed imprecise perifrasi: è il caso di “sport”, la cui mancanza ci obbligherebbe a parlare pressappoco di “attività per lo più fisica finalizzata generalmente alla competizione”, o chissà cos’altro.
Trovo però assurdo da un lato sostituire un termine italiano con uno d’importazione quando il risultato non cambi, o – ancor peggio – infilarsi in una circonlocuzione ridicola pur di fare uso di una di quelle formule che servono a far sentire appagato il fine dicitore. E’ il caso di “rendere compliant” (complaiant), che vorrebbe significare accordare, sintonizzare, mettere in fase. Mi piacerebbe, e molto, rendere complaiant lingua e cervello del protagonista di questa scemenza.
I verbi, sì. E poi qualche vocabolo: da “plas” (si scrive “plus”, è latino e quindi si pronuncia “plus”) alla “reason why”, cioè la ragion per cui. Con qualche effetto comico, come ad esempio l’utilizzo dell’aggettivo “basico”. In inglese “basic” vuol dire “di base”. In italiano no. Si contrappone, in chimica, ad acido. I ragionamenti fatti da qualche sbarbatello anelante la considerazione dei suoi superiori, per essere basici, sono un po’ troppo acidi.
Potrebbe essere il caso di refresciarli un po’.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Se il linguaggio è questo temo che anche i contenuti dovrebbero essere "refresciati".
Forse risulterò qualunquista tuttavia, la mia partecipazione a numerose riunioni di questo tipo mi fa affermare che chi usa questo linguaggio con l'intezione di testimoniare la capacità di stare al passo con i tempi molto spesso non comunica quasi nulla di concreto.
Oli

Anonimo ha detto...

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