SUPPORTIAMO L'ITALIANO!

Sono stato ad una riunione, la settimana scorsa. Una riunione importante, per il settore del quale mi occupo: organizzata dai vertici aziendali, ha visto per buona parte della mattinata protagonisti due giovani specialisti di estrazione finanziaria. Una delizia per le orecchie.
Scopro così, un po’ disorientato, che improvvisamente quello che molti chiedono da tempo è già realtà. I centesimi non esistono più. Ma non nel senso desiderato dai finlandesi, ad esempio, che vorrebbero l’uscita di scena delle monetine più piccole. In questo caso, parliamo della sostituzione del centesimo con il “basis-point”, ossia il “punto base”.
Si tratta, ovviamente, di un’americanata. Ma che probabilmente fa sentire gonfi e soddisfatti gli asini che ne usano e abusano. Anche matematicamente, è un’idiozia. Sotto il numero intero ci sono i decimi, i centesimi, i millesimi. Però parlare di “besispoints” fa figo. Fa “odiens”. Fa schifo.
Ma non è tutto: uno dei giovanotti ha contrapposto due metodi di calcolo definendone uno “blended” (e va beh, “Misto” evidentemente è troppo proletario), e l’altro “senior”. Senior, latino, comparativo di “senex”, cioè vecchio. Peccato, però, che lo pronunciasse “sinior”. Dimostrando così di non conoscere né il latino, colpa – dal mio punto di vista – esiziale, né l’italiano. E forse neppure l’inglese.
Divertente poi il passaggio nel quale il relatore ha più o meno espresso questo concetto: “Si tratta dell’accuratezza, quella che in gergo viene definita come Accurancy”. Caspita! E allora, in gergo chiamiamola “Accuratezza”! Perché il termine tecnico alloglotto (quasi sempre inglese) può avere senso per evitare lunghe perifrasi, ma è da idioti se è la semplice traduzione del termine italiano, tra l’altro spesso identico.
Finale scoppiettante e creativo, con neologismi a volontà: dalla “percentualità” (che vorrebbe essere la frequenza percentuale di un certo evento), all’immancabile e diffusissimo “supportare”, verbo che in italiano – come è noto, e se non lo fosse è l'occasione buona per impararlo – non esiste. Esiste il sostantivo “supporto”, ma non il corrispondente verbo, che è una becera traduzione dell’anglo “to support”. Che vuol dire “sostenere”. La buonanima di Cesare Marchi, il Maestro senza l’influsso del quale questa rubrica non sarebbe la stessa, raccontava un episodio gustoso, che la dice lunga sugli effetti involontariamente comici della contaminazione linguistica: quando il ministro degli esteri Gaetano Martino (padre dell’economista ed esponente di spicco del PDL Antonio) si recò in visita negli Stati Uniti, il giornale in lingua italiana edito a New York titolò a nove colonne pressappoco così: “Arriva il Ministro Martino: Supportiamolo!”.

1 commento:

Francesco ha detto...

Dieci e lode al mio radiofonico preferito.

Un saluto da colui che ti "supporta" nelle tue dirette radiofoniche.