IL PRESEPIO DI PREA, ALLE RADICI DELLA “LANGUE D’OC”




“Nomen Omen”, dicevano i Latini, per significare come il nome che si porta non è un incidente casuale, ma reca con sé il significato di un’esistenza. Vale per le persone, ma anche per le città. Prendiamo Roccaforte: più di un borgo, nel nostro paese, si chiama così, evocando castelli inespugnabili issati su guglie di roccia a strapiombo sul niente.
Roccaforte è anche il nome di un comune della valle Ellero, una delle tante disposte a raggiera che segnano l’anfiteatro naturale della Granda, la provincia di Cuneo. Qui siamo nel Monregalese, la zona che ha come centro di riferimento la città di Mondovì.
Ma al visitatore Roccaforte non offre il colpo d’occhio che ci si potrebbe attendere. Il centro del paese sorge infatti nel bel mezzo di un ampio pianoro, e per trovare traccia del castello è necessario ricorrere ai libri di storia che parlano delle fortificazioni romane sorte per intervento dell’imperatore Adriano lungo la Via Pompea, più nota come “Via del sale”, una fra le tante che collegavano l’odierno Piemonte con la Riviera di Ponente.
Roccaforte oggi fa onore al suo nome con l’attiva difesa delle proprie tradizioni: la vocazione agricola e pastorale, un fitto tessuto di piccole ma tenaci attività industriali, una cucina basata sui prodotti del bosco, tra i quali spicca il prelibato fungo porcino, il turismo che può scegliere tra i richiami di Lurisia, con le sue Terme e la celebre stazione sciistica, o le escursioni sui sentieri dell’alta Valle Ellero, che è riuscita a conservare le sue peculiarità e a non avvertire più di tanto gli scossoni della globalizzazione, ed è oggi collegata con il comprensorio sciistico “Mondolè Sky” (130 km di piste) grazie alla nuova seggiovia che la collega con il pianoro della Tura.
Questa è infatti la terra del Kyè, la parlata d’origine occitana che racchiude come uno scrigno i segreti delle tradizioni e dei costumi dell’antica cultura diffusasi tra la fine del primo millennio dopo Cristo e i primi secoli del secondo dalla Gallia in tante valli alpine, a macchia di leopardo.
Prea, sita su un costone a sud ovest che sembra un balcone sull’Ellero, è una frazione dalla struttura d’impronta medievale quasi aggrappato alla Chiesa Parrocchiale, edificata a partire dal 1847 in stile barocco piemontese. Tra le sue strette vie catturano lo sguardo i numerosi murales, e i fabbricati con il “tetto racchiuso”, una tecnica costruttiva influenzata dalle matrici occitane presente anche in alcune valli del Bellunese, dell’Appennino Tosco/Emiliano, dei Pirenei e all’estremo nord della Scozia. Di particolare pregio, salendo oltre i mille metri sul livello del mare, ecco ergersi isolata la chiesetta di S. Anna, eretta nel 1763 in squisita fattura rococò, unico esempio in Piemonte di barocco francese in edifici religiosi.
Più di altri centri, Prea ha sofferto dello spopolamento delle campagne. Non sono molte le famiglie che la abitano per tutto l’anno, ma chi è rimasto (o chi è arrivato qui), lo ha fatto per scelta.
Da queste parti si gustano formaggi dal sapore unico, e nella maestria artigiana dei casari nessuna Raschera somiglia ad un’altra.
D’estate la piccola comunità si ritrova in piazza per la cena di Ferragosto, con l’orchestra ed il ballo liscio che qui attira sempre, e non solo quelli che sono giovani da più tempo. In quei giorni si tiene anche la lotteria, il cui ricavato alimenta quello che a Prea è l’evento dell’anno: il Presepe Vivente.
Chi ama il genere ne conosce molti, sparsi qua e là per la Penisola. Ma questo ha qualcosa di diverso, di speciale, una marcia in più. Perché qui la rappresentazione sacra prevede che a muoversi siano gli spettatori, che hanno la possibilità di girare per il presepe come se fossero statuine mosse da un invisibile motore.
Paradosso tra i paradossi, per aprirsi il paese chiude. Dal tardo pomeriggio fino a notte fonda il centro del borgo diventa un vero e proprio teatro all’aperto (in cui si entra pagando un modesto pedaggio) che il visitatore percorre lungo un itinerario prefissato, con un punto d’inizio ed uno d’arrivo. Sulle stradine si affacciano più di cinquanta scene che procedono ininterrottamente per tutta la durata della rappresentazione, con gli abitanti (e qualche rinforzo) come protagonisti, per un totale di alcune centinaia di persone. Quasi ogni casa e nucleo familiare viene coinvolto: chi mette a disposizione una stanza, chi una rimessa, chi un’area scoperta, ed in ciascuno di questi ambienti rivive, per tre sere, la vita di un paese della valle Ellero esattamente com’era fino a non troppi decenni fa.
Lungo le strette vie dell’antico borgo si transita davanti all’osteria, dove austeri signori in mantello scuro giocano a carte con il quartino di rosso davanti tra solerti locandiere in grembiule ottocentesco. Più avanti è tutto un susseguirsi di laboratori, dove funzionano a pieno regime le botteghe dei mestieri più diffusi, dal fabbro al falegname, dove c’è chi ripara e costruisce bambole, chi lavora il legno e produce in diretta oggetti d’uso quotidiano per la gioia del visitatore, il panettiere che sforna a ciclo continuo deliziosi grissini cotti a legna che vanno letteralmente a ruba, fino a giungere alla zona dove i taglialegna armeggiano attorno a grossi tronchi che arrivano spettacolarmente a valle portati da una robusta teleferica, per l’estasi dei più piccoli.
Uno spettacolo unico, nel quale ha parte non secondaria anche la rappresentazione sacra: davanti alla chiesa, in una mangiatoia attorno alla quale trovano posto un asino ed un bue, giace beato l’ultimo arrivato nella comunità, ignaro nel suo sonno tranquillo della confusione che regna attorno a lui, con la sua mamma ed il suo papà nei panni di Giuseppe e Maria, proprio come deve aver fatto un altro bambino, poco più di duemila anni fa.
Il tutto dura tre sere nell’arco dell’anno: il 24 ed il 26 dicembre, e poi il 5 gennaio. Il giorno dopo è l’Epifania, che – come suggerisce un antico adagio – tutte le feste porta via. E anche il borgo occitano di Prea torna alla quotidianità dell’oggi, dopo aver riportato per qualche ora all’indietro l’orologio dei secoli.

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