Credo siano molti gli aspetti della gestione cittadina che non piacciono ai Genovesi. I quali, peraltro, e storicamente, preferiscono lasciare al potere gli autori dello sfascio sostanziale degli ultimi decenni, quasi fossero preda di una sorta di Sindrome di Stoccolma.
Ci saranno molti spazi per parlarne, anche in futuro. Oggi, però, mi devo soffermare su un aspetto che mi colpisce in maniera particolare: la pulizia della città. E non perché ritenga che Genova sia particolarmente sporca, o che il servizio di igiene urbana funzioni peggio di altri. Devo dire che, girando un po’ l’Italia, esistono città messe molto peggio, a volte insospettabilmente. E non parlo di casi limite, come Napoli: basta fermarsi qualche giorno a Bologna per trovare una realtà che sorprende in modo negativo chi vive sotto la Lanterna.
Ciò che mi colpisce è la filosofia dell’igiene urbana genovese (e non solo) degli ultimi anni. Parto da un presupposto: con oltre trent’anni di scautismo sulle spalle, io la natura la conosco sul serio, e non accetto che l’ecologia me la spieghi qualche verde da strapazzo che dal suo salotto straparla di riciclaggio, di inquinamento, di animali e non ha mai visto una gallina.
Detto questo, io la raccolta differenziata la faccio da quando ancora non esistevano le campane, e francamente me ne infischio della possibilità che sia solo un modo per truccare le carte (“Eh – dice sempre qualcuno – ma ci credi tu? Chissà cosa ne fanno, una volta raccolta! Io ho uno zio del cugino di mio cognato che conosce uno che ha un’edicola dove va sempre a comprare il giornale il portinaio del pediatra del figlio di uno dell’AMIU, che mi ha detto che poi tanto la mischiano tutta!”).
Che la sindachessa mi aumenti ogni anno la tassa sulla spazzatura, dicendo che noi genovesi siamo cattivi e dovremmo riciclare di più, mi fa sentire preso in giro. Sto seriamente valutando l’ipotesi di continuare a fare la raccolta differenziata versando però per protesta la plastica nel vetro, il vetro nella carta e la carta nella plastica.
Ma la cosa che trovo più sconcertante è che i comportamenti virtuosi, lungi dall’essere premiati, vengano penalizzati. I greti dei fiumi sono pieni di materassi e comò che ciclicamente, ingombrando gli alvei, contribuiscono alla furia devastatrice delle sempre più frequenti alluvioni. Chiediamoci il perché: solo pigrizia? No, perché le aziende preposte vogliono essere pagate per smaltire l’armadio o la lavatrice. Non solo: per regolamento, pretendono che l’oggetto da ritirare sia stato smembrato nelle sue componenti più elementari. Cioè: se devo buttare via una credenza, devo togliere come minimo ante e ripiani, se non addirittura assi e pareti. Poi arrivano loro e, previo pagamento, si portano via comodi comodi i pezzi così disassemblati.
Mi si dirà: è un servizio, e come tale – se ne vuoi fruire – devi pagarlo. Già. In banca, forse. Sugli autobus, anche. Non paghi = non sali. Se ti beccano, multa (ma solo se sei italiano, come ho spesso avuto modo di verificare). Sull’igiene urbana, se non vuoi pagare cacci la roba in qualcuna delle tante discariche abusive, e prima o poi l’AMIU sarà costretta a portarlo via comunque, ovviamente senza guadagnarci un centesimo ed anzi a costi indubbiamente superiori.
Se è vero – e lo è – che la sensibilità ambientale, la cosiddetta “sostenibilità”, è un valore importante, persino da un punto di vista economico, perché le scelte corrette impostate oggi avranno un effetto oggettivo anche sul domani nostro e dei nostri discendenti, da cittadino pretendo che il comportamento virtuoso sia premiato. Scelgo di smaltire la vecchia credenza in modo rispettoso delle leggi e della natura, quindi non solo non pago niente, ma la zia Marta mi riduce – anche solo simbolicamente – la tassa sullo smaltimento dei rifiuti.
Altrimenti una telefonata anonima avvertirà la Volpara di andarsi a prendere la credenza sul greto del Bisagno…
La credenza nel Bisagno
Il treno in riserva?
Per lunga frequentazione e passione personale, provo un sincero affetto per le Ferrovie dello Stato. La cosa non m’impedisce di tenere un atteggiamento severo il giusto verso l’azienda, le sue scelte spesso discutibili, le sue pecche macroscopiche, frutto peraltro molto di frequente di decisioni scellerate prese altrove, e con l’intenzionale finalità di favorire qualcuno.
Trovo inescusabili, invece, alcune interpretazioni ferroviarie della lingua italiana. Chi prenota il viaggio su Internet – a me capita di frequente – ha il grande vantaggio di poter evitare le code alle biglietterie e di poter salire sul treno con l’e-mail di conferma stampata comodamente a casa o in ufficio.
In caso di pagamento da posticipare, uno dei moduli che arrivano per posta elettronica porta la dicitura “Riservazione”. Riservazione?!? Un termine che assolutamente non esiste, tanto è vero che persino il traduttore di Word (che non è un mostro di precisione) lo sottolinea in rosso.
La parola esatta è “prenotazione”, italiana e quindi bella come il sole, e devo riconoscere che quasi ovunque nel sito di Trenitalia campeggia la dicitura esatta. Stona, perciò, questo orribile “riservazione”, classico caso di goffa italianizzazione di un termine anglo.
Detto per inciso, di “riservazione” viene fatto invece un uso continuo e fastidioso nella terminologia alberghiera e turistica adottata nella Svizzera Italiana, dove la lingua di Dante dovrebbe essere utilizzata come e quanto da noi. Ma lì, al limite, hanno la scusa delle molte lingue ufficiali, per cui la contaminazione può essere dettata dall’esigenza di farsi capire da francofoni, svizzeri tedeschi e retoromanci.
Già che ci siamo, facciamo le pulci agli annunci diffusi nelle stazioni. A Genova, la voce femminile dell’altoparlante pronuncia – ci avrete fatto caso – la località di Voltri con una “o” sonora, quella di “poco”, che nulla ha a che fare con la “o” cupa, quella di “molto”, che dovrebbe essere usata. Incomprensibile, poi, la scelta di sostituire la parola “anziché” con “invece”. Il treno xy arriverà sul binario 1 invece che sul binario 2” suona molto più popolaresco e grossolano rispetto al precedente e più colto “anziché”. Come se si fosse scelto di retrocedersi di un’ottava. Forse per essere più intonati con la qualità del servizio…
Trovo inescusabili, invece, alcune interpretazioni ferroviarie della lingua italiana. Chi prenota il viaggio su Internet – a me capita di frequente – ha il grande vantaggio di poter evitare le code alle biglietterie e di poter salire sul treno con l’e-mail di conferma stampata comodamente a casa o in ufficio.
In caso di pagamento da posticipare, uno dei moduli che arrivano per posta elettronica porta la dicitura “Riservazione”. Riservazione?!? Un termine che assolutamente non esiste, tanto è vero che persino il traduttore di Word (che non è un mostro di precisione) lo sottolinea in rosso.
La parola esatta è “prenotazione”, italiana e quindi bella come il sole, e devo riconoscere che quasi ovunque nel sito di Trenitalia campeggia la dicitura esatta. Stona, perciò, questo orribile “riservazione”, classico caso di goffa italianizzazione di un termine anglo.
Detto per inciso, di “riservazione” viene fatto invece un uso continuo e fastidioso nella terminologia alberghiera e turistica adottata nella Svizzera Italiana, dove la lingua di Dante dovrebbe essere utilizzata come e quanto da noi. Ma lì, al limite, hanno la scusa delle molte lingue ufficiali, per cui la contaminazione può essere dettata dall’esigenza di farsi capire da francofoni, svizzeri tedeschi e retoromanci.
Già che ci siamo, facciamo le pulci agli annunci diffusi nelle stazioni. A Genova, la voce femminile dell’altoparlante pronuncia – ci avrete fatto caso – la località di Voltri con una “o” sonora, quella di “poco”, che nulla ha a che fare con la “o” cupa, quella di “molto”, che dovrebbe essere usata. Incomprensibile, poi, la scelta di sostituire la parola “anziché” con “invece”. Il treno xy arriverà sul binario 1 invece che sul binario 2” suona molto più popolaresco e grossolano rispetto al precedente e più colto “anziché”. Come se si fosse scelto di retrocedersi di un’ottava. Forse per essere più intonati con la qualità del servizio…
Voci e volti di Liguria
La Liguria, nel comune intendere, è spesso sinonimo di mugugno, di braccino corto, di resistenza al cambiamento, di silenzi e di egoismi. Un’immagine olografica forse un po’ stinta, ma che talvolta i Liguri stessi – intenzionalmente o no – tendono a rinfocolare.
Esiste però, e ci mancherebbe, una Liguria viva, vitale, intraprendente. Una terra d’eccellenze e di tradizioni, capace di fare e di amare, di pensare in grande e di slanci di generosità che, da striscia di terra fra mare e monti, la trasformano in continente.
E’ questa la Liguria che si ritrova nelle pagine di “Voci e volti di Liguria”, piacevolissima opera prima di Enzo Melillo, volto assai cari ai telespettatori liguri, giornalista della sede Rai di Genova. Il libro nasce dall’esperienza che l’autore ha vissuto lavorando al “Settimanale” di rai 3, al successo del quale ha contribuito dal 2003 ad oggi con il suo stile gradevole e colloquiale.
Lo stesso stile che il lettore riconosce nelle 46 vicende che Enzo Melillo, per i tipi della Fratelli Frilli Editori, ha voluto ricostruire nel suo libro, e che vedono protagonisti personaggi e tradizioni ma anche autentici eroi di tutti i giorni: chi cerca di mantenere in vita antichi mestieri, campioni in rampa di lancio, storie d’ingegno che salva la vita (come la commovente storia di “Caterina” che apre il volume), e straordinarie imprese di solidarietà e d’aiuto ai più deboli, vissute con semplicità e senza clamori.
Il tutto raccontato con squisita sensibilità dall’autore, quella stessa sensibilità che lo ha portato – con la preziosa collaborazione della moglie Margherita – a realizzare in prima persona la versione audio, a beneficio delle persone non vedenti.
Un’opera che si legge con piacere, adatta ai divoratori di pagine ma anche a chi ama sgranocchiare un capitolo al giorno, e che non può mancare sullo scaffale del cultore della Liguria e della sua gente.
Esiste però, e ci mancherebbe, una Liguria viva, vitale, intraprendente. Una terra d’eccellenze e di tradizioni, capace di fare e di amare, di pensare in grande e di slanci di generosità che, da striscia di terra fra mare e monti, la trasformano in continente.
E’ questa la Liguria che si ritrova nelle pagine di “Voci e volti di Liguria”, piacevolissima opera prima di Enzo Melillo, volto assai cari ai telespettatori liguri, giornalista della sede Rai di Genova. Il libro nasce dall’esperienza che l’autore ha vissuto lavorando al “Settimanale” di rai 3, al successo del quale ha contribuito dal 2003 ad oggi con il suo stile gradevole e colloquiale.
Lo stesso stile che il lettore riconosce nelle 46 vicende che Enzo Melillo, per i tipi della Fratelli Frilli Editori, ha voluto ricostruire nel suo libro, e che vedono protagonisti personaggi e tradizioni ma anche autentici eroi di tutti i giorni: chi cerca di mantenere in vita antichi mestieri, campioni in rampa di lancio, storie d’ingegno che salva la vita (come la commovente storia di “Caterina” che apre il volume), e straordinarie imprese di solidarietà e d’aiuto ai più deboli, vissute con semplicità e senza clamori.
Il tutto raccontato con squisita sensibilità dall’autore, quella stessa sensibilità che lo ha portato – con la preziosa collaborazione della moglie Margherita – a realizzare in prima persona la versione audio, a beneficio delle persone non vedenti.
Un’opera che si legge con piacere, adatta ai divoratori di pagine ma anche a chi ama sgranocchiare un capitolo al giorno, e che non può mancare sullo scaffale del cultore della Liguria e della sua gente.
La Corazzata Potemkin è una boiata pazzesca!
Tutti ricordiamo la famosa declamazione fantozziana alla proiezione del film per gli “inferiori” vessati dal capo maniaco del cinema d’essai. Un atto di ribellione comico all’interno del film (anche per la contrapposizione con pellicole di tutt’altro genere, tra le quali spicca “Giovannona Coscialunga”), ma anche una vera e propria requisitoria verso quella cultura impegnata – quella così seriosa che nelle università combatteva (combatteva!) la goliardia, quasi provocandone l’estinzione – che, soprattutto nei plumbei e ben poco memorabili anni settanta, riteneva degni di attenzione libri, film, pieces noiosissimi, articolesse paternalistiche, musica inascoltabile che si raccontava addosso. E solo di autori amici (e schierati). Con riverberi persino nelle arti figurative e nel design.
Ne facevano le spese eccellenti musicisti, attori, scrittori, spesso molto più bravi di altri ma, ahimè, non schierati, non sufficientemente impegnati, o magari – anatema! – non di sinistra.
Dato che siamo dichiaratamente revisionisti, faremo revisione anche di questo passato spazzatura. Anche perché odiamo i tromboni (e la nostra cultura ne è sempre stata piena), e perché ancora oggi – anche tra i giovani – c’è chi si ostina a dire che “La Corazzata Potemkin” è un film bellissimo e Totò un guitto da quattro soldi.
Ne facevano le spese eccellenti musicisti, attori, scrittori, spesso molto più bravi di altri ma, ahimè, non schierati, non sufficientemente impegnati, o magari – anatema! – non di sinistra.
Dato che siamo dichiaratamente revisionisti, faremo revisione anche di questo passato spazzatura. Anche perché odiamo i tromboni (e la nostra cultura ne è sempre stata piena), e perché ancora oggi – anche tra i giovani – c’è chi si ostina a dire che “La Corazzata Potemkin” è un film bellissimo e Totò un guitto da quattro soldi.
Divieto di strafalcione
Difendiamo l’italiano…eh, sì, perché c’è proprio bisogno di farlo. E più giro – per lavoro o per altri motivi – e più mi rendo conto che la realtà è proprio questa.
Premetto che mi considero un estimatore della nostra lingua, che trovo straordinaria per ricchezza e musicalità, il ragionamento da cui parto si basa su due assunti fondamentali:
1. l’italiano è in crisi, come molte altre lingue europee, e rischia di ridursi – nell’era della globalizzazione – a qualcosa di poco più importante di un dialetto regionale;
2. l’italiano, come molte altre lingue, rischia un profondo imbastardimento ed imbarbarimento per l’assunzione acritica, o la traslazione “tutto compreso” in neoitaliano, di anglismi che non hanno una traduzione esatta nella nostra lingua;
3. infine, l’italiano parlato e scritto sui principali mezzi di comunicazione è sempre meno bello da sentirsi o da leggersi. Errori di ortografia e sintassi, accenti sbagliati, per non parlare del congiuntivo che praticamente è stato abolito. In considerazione del fatto che l’impatto di questi mezzi è enorme, anche dal punto di vista educativo, la lingua ne risente.
Mi si potrà obiettare che l’italiano è una lingua viva, e come tale sempre soggetta ad un processo di contaminazione con le lingue con le quali viene a contatto. Ok, sono d’accordo.
Ma se qualcuno si sente nel potere di scrivere a qualcun altro: “Ti risponderò a.s.a.p. (= as soon as possible), invece che “il prima possibile”, oppure invita gli altri a:”Mandami una e-mail, pls (=please), invece che “per piacere”, allora scattano i meccanismi di autodifesa.
Se un noto uomo politico, già ministro, famoso per gli strafalcioni e le frasi sconclusionate, si giustifica dicendo che “l’importante è che la gente capisca”, e anzi si fa vanto di quest’atteggiamento perché – a suo dire – più vicino al popolo, io invece dico che al contrario è fondamentale che chi riveste un ruolo pubblico per primo sia consapevole del suo ruolo educativo e di difesa delle nostre tradizioni. E l’atteggiamento di questo signore, ex di molte cose, è proprio da cassare - non uso il verbo a caso - senza remissione.
Segnalatemi qui i vostri strafalcioni preferiti: ne rideremo insieme.
Premetto che mi considero un estimatore della nostra lingua, che trovo straordinaria per ricchezza e musicalità, il ragionamento da cui parto si basa su due assunti fondamentali:
1. l’italiano è in crisi, come molte altre lingue europee, e rischia di ridursi – nell’era della globalizzazione – a qualcosa di poco più importante di un dialetto regionale;
2. l’italiano, come molte altre lingue, rischia un profondo imbastardimento ed imbarbarimento per l’assunzione acritica, o la traslazione “tutto compreso” in neoitaliano, di anglismi che non hanno una traduzione esatta nella nostra lingua;
3. infine, l’italiano parlato e scritto sui principali mezzi di comunicazione è sempre meno bello da sentirsi o da leggersi. Errori di ortografia e sintassi, accenti sbagliati, per non parlare del congiuntivo che praticamente è stato abolito. In considerazione del fatto che l’impatto di questi mezzi è enorme, anche dal punto di vista educativo, la lingua ne risente.
Mi si potrà obiettare che l’italiano è una lingua viva, e come tale sempre soggetta ad un processo di contaminazione con le lingue con le quali viene a contatto. Ok, sono d’accordo.
Ma se qualcuno si sente nel potere di scrivere a qualcun altro: “Ti risponderò a.s.a.p. (= as soon as possible), invece che “il prima possibile”, oppure invita gli altri a:”Mandami una e-mail, pls (=please), invece che “per piacere”, allora scattano i meccanismi di autodifesa.
Se un noto uomo politico, già ministro, famoso per gli strafalcioni e le frasi sconclusionate, si giustifica dicendo che “l’importante è che la gente capisca”, e anzi si fa vanto di quest’atteggiamento perché – a suo dire – più vicino al popolo, io invece dico che al contrario è fondamentale che chi riveste un ruolo pubblico per primo sia consapevole del suo ruolo educativo e di difesa delle nostre tradizioni. E l’atteggiamento di questo signore, ex di molte cose, è proprio da cassare - non uso il verbo a caso - senza remissione.
Segnalatemi qui i vostri strafalcioni preferiti: ne rideremo insieme.
Perchè Il Casello
Una volta c’era il bar, poi sono arrivate le “lettere al direttore” sui principali quotidiani, le radio libere, le osterie televisive, sempre seguendo il passo dei mezzi di comunicazione più in voga nel periodo. La circolazione delle idee ha sempre pilotato il modello più recente, che oggi è quello dell’era digitale: il sito, la chat, il blog…
Da qui l’idea di far nascere “Il casello”, dove poter parlare liberamente – tra amici, e con franchezza – di tanti aspetti della vita odierna.
Perché proprio “Il casello”? Perché, da studioso e appassionato di trasporti, ferroviari in particolare, ho sempre visto nel casello il silente guardiano della circolazione, il punto di vista di chi è dentro ma in qualche maniera anche esterno, di chi non si muove ma conosce il mondo, perché è il mondo a passare da lì.
Oggi i caselli sono per lo più abbandonati, la loro funzione negli anni è venuta meno quasi ovunque. Talora sono rimasti in piena forma come abitazioni private, altri invece avvertono inesorabile il trascorrere dei decenni. Ma tutti rimangono lì dov’erano stati pensati: presso un passaggio a livello, storie di genti che si incrociano a velocità diverse; nei pressi della stazioni, dove si arriva, si parte, si saluta, ci si unisce e ci si divide; vicino ai semafori, da dove si può - oppure no – passare oltre; e ancora, dove le linee si trovano e si perdono e il nord incontra il sud.
Qui, in questo punto della nostra ideale rete ferroviaria, c’è un casello. S’incroceranno politica, trasporti, sport, enologia, storia, geografia, economia, gastronomia, letteratura, musica, filosofia, tradizioni, novità, arte e altro ancora. Perché non c’è niente che non possa essere caricato su un treno, che prima o poi passerà davanti al casello.
Sono stati gli amici a convincermi ad inaugurare questo spazio. Nella stazione che si intravede poco oltre il casello, le idee si incontrano, si parlano, si conoscono, e a volte diventano amiche.
Da qui l’idea di far nascere “Il casello”, dove poter parlare liberamente – tra amici, e con franchezza – di tanti aspetti della vita odierna.
Perché proprio “Il casello”? Perché, da studioso e appassionato di trasporti, ferroviari in particolare, ho sempre visto nel casello il silente guardiano della circolazione, il punto di vista di chi è dentro ma in qualche maniera anche esterno, di chi non si muove ma conosce il mondo, perché è il mondo a passare da lì.
Oggi i caselli sono per lo più abbandonati, la loro funzione negli anni è venuta meno quasi ovunque. Talora sono rimasti in piena forma come abitazioni private, altri invece avvertono inesorabile il trascorrere dei decenni. Ma tutti rimangono lì dov’erano stati pensati: presso un passaggio a livello, storie di genti che si incrociano a velocità diverse; nei pressi della stazioni, dove si arriva, si parte, si saluta, ci si unisce e ci si divide; vicino ai semafori, da dove si può - oppure no – passare oltre; e ancora, dove le linee si trovano e si perdono e il nord incontra il sud.
Qui, in questo punto della nostra ideale rete ferroviaria, c’è un casello. S’incroceranno politica, trasporti, sport, enologia, storia, geografia, economia, gastronomia, letteratura, musica, filosofia, tradizioni, novità, arte e altro ancora. Perché non c’è niente che non possa essere caricato su un treno, che prima o poi passerà davanti al casello.
Sono stati gli amici a convincermi ad inaugurare questo spazio. Nella stazione che si intravede poco oltre il casello, le idee si incontrano, si parlano, si conoscono, e a volte diventano amiche.
I trasporti in Italia
Lo confesso, sono un appassionato di trasporti. Lo sono fin da piccolo, quando i treni e i tram, ma anche autobus e autocarri, avevano un ruolo talmente preminente tra i miei giochi da conservarsi in larga misura intatti fino ad oggi, e troneggiare (i treni) sul plastico ferroviario sul quale armeggio ogni volta che ne ho la possibilità.
E’ mia precisa convinzione che i trasporti, le comunicazioni in generale – con l’ordine pubblico, la sanità e l’istruzione – siano il settore chiave della vita di una comunità. Sono di conseguenza del parere che uno dei principali compiti di un ente territoriale sia quello di occuparsi dei trasporti, perché strumento essenziale del benessere degli appartenenti alla comunità territoriale sottoposta alla sua sovranità.
Tuttavia da noi, a differenza che in altri paesi, la politica dei trasporti non solo è fondamentalmente assente da sempre, ma ha consentito la creazione di una riserva assoluta d’intervento a favore di alcuni determinati mezzi di trasporto a scapito di altri.
Uno dei principali fattori di funzionamento delle comunicazioni all’interno di un territorio è che la specializzazione dei traffici sia ben delimitata, e che ciascuno modo si presenti forte sul suo terreno. In Italia non è così: si fa quasi tutto su gomma, anche quando sarebbe antieconomico (ad esempio perché si fa pressione – indebita – in modo che non lo risulti), dannoso dal punto di vista ambientale, assurdo nella sua logica.
Poiché ho sempre avuto l’impressione che nel settore finisca in ogni caso per vincere la cattiva politica su quella buona, credo che possa essere opportuno ricordare nelle prossime settimane qualche interessante episodio, giusto per rendersi conto di come stiano esattamente le cose.
E’ mia precisa convinzione che i trasporti, le comunicazioni in generale – con l’ordine pubblico, la sanità e l’istruzione – siano il settore chiave della vita di una comunità. Sono di conseguenza del parere che uno dei principali compiti di un ente territoriale sia quello di occuparsi dei trasporti, perché strumento essenziale del benessere degli appartenenti alla comunità territoriale sottoposta alla sua sovranità.
Tuttavia da noi, a differenza che in altri paesi, la politica dei trasporti non solo è fondamentalmente assente da sempre, ma ha consentito la creazione di una riserva assoluta d’intervento a favore di alcuni determinati mezzi di trasporto a scapito di altri.
Uno dei principali fattori di funzionamento delle comunicazioni all’interno di un territorio è che la specializzazione dei traffici sia ben delimitata, e che ciascuno modo si presenti forte sul suo terreno. In Italia non è così: si fa quasi tutto su gomma, anche quando sarebbe antieconomico (ad esempio perché si fa pressione – indebita – in modo che non lo risulti), dannoso dal punto di vista ambientale, assurdo nella sua logica.
Poiché ho sempre avuto l’impressione che nel settore finisca in ogni caso per vincere la cattiva politica su quella buona, credo che possa essere opportuno ricordare nelle prossime settimane qualche interessante episodio, giusto per rendersi conto di come stiano esattamente le cose.
La mia terra
La mia terra è la Liguria, tutta la Liguria, e la mia città è Genova. Sento forte ogni senso di appartenenza, e così è - a maggior ragione - per i luoghi dove sono nato e vissuto, i luoghi che più amo.
Proprio per questo mi sembra necessario dare a queste terre lo spazio che meritano, segnalando le cose belle e quelle che mi piacerebbe veder migliorare, perchè chi vuole realmente cambiare le cose non può limitarsi al mugugno.
Evidenzieremo le nostre eccellenze e proveremo a gettare un seme per cambiare quello che non va. Saranno messaggi trasversali perchè il buon governo - e noi siamo faziosi, sia ben chiaro - non ha colore, così come quello cattivo.
Proprio per questo mi sembra necessario dare a queste terre lo spazio che meritano, segnalando le cose belle e quelle che mi piacerebbe veder migliorare, perchè chi vuole realmente cambiare le cose non può limitarsi al mugugno.
Evidenzieremo le nostre eccellenze e proveremo a gettare un seme per cambiare quello che non va. Saranno messaggi trasversali perchè il buon governo - e noi siamo faziosi, sia ben chiaro - non ha colore, così come quello cattivo.
Eventi e manifestazioni
Segnaliamo eventi e manifestazioni (di ogni genere) che possano essere di comune interesse.
Suoni e colori
Uno spazio per trattare di argomenti musicali (gusti, tendenze, novità, miti del passato, eccetera).
Si parlerà anche di musica alternativa, la galassia delle produzioni di aree culturali e politiche non conformate ai diversi “pensieri unici” che hanno guidato i gusti nei vari decenni.
Si parlerà anche di musica alternativa, la galassia delle produzioni di aree culturali e politiche non conformate ai diversi “pensieri unici” che hanno guidato i gusti nei vari decenni.
Sport, che passione!
Commentiamo qua insieme le vicende sportive più importanti, dal campionato di calcio agli eventi principali degli sport, in forza del fatto che (per mia grande fortuna!) lo sport è anche parte integrante della mia attività professionale.
Cristiano, Cattolico, Romano.
Cristiano, cattolico, romano. E’ così che mi sento, e dato che la ritengo la più grande delle fortune che possano capitare, lo voglio dire apertamente.
Poiché, nonostante ci sia chi – basta girare per qualche blog – dice esattamente il contrario, non si sa bene in base a quali argomenti, oggi la Chiesa cattolica, ed in generale il Cristianesimo, la Cristianità, la cultura religiosa occidentale, sono sottoposti ad un assedio e ad un tiro al bersaglio da parte del laicismo assolutamente senza precedenti nella storia, credo sia mio precipuo dovere sguainare la spada e difendere il mio Credo.
In questo spazio tratteremo essenzialmente di argomenti relativi alla sfera spirituale, ma con cognizione di causa. Per confutare certe assurdità che oggi sembrano andare per la maggiore, alimentate da un’incultura laicista pregna di pregiudizi anticristiani che ben poco hanno di veritiero, ma soprattutto per raccontare esperienze positive, delle quali senza il Cristianesimo non ci sarebbe traccia. E stiamo parlando, per quanto riguarda ad esempio il volontariato ed il servizio verso minori e disagiati, di circa il 100% di quanto consuntivabile.
Poiché, nonostante ci sia chi – basta girare per qualche blog – dice esattamente il contrario, non si sa bene in base a quali argomenti, oggi la Chiesa cattolica, ed in generale il Cristianesimo, la Cristianità, la cultura religiosa occidentale, sono sottoposti ad un assedio e ad un tiro al bersaglio da parte del laicismo assolutamente senza precedenti nella storia, credo sia mio precipuo dovere sguainare la spada e difendere il mio Credo.
In questo spazio tratteremo essenzialmente di argomenti relativi alla sfera spirituale, ma con cognizione di causa. Per confutare certe assurdità che oggi sembrano andare per la maggiore, alimentate da un’incultura laicista pregna di pregiudizi anticristiani che ben poco hanno di veritiero, ma soprattutto per raccontare esperienze positive, delle quali senza il Cristianesimo non ci sarebbe traccia. E stiamo parlando, per quanto riguarda ad esempio il volontariato ed il servizio verso minori e disagiati, di circa il 100% di quanto consuntivabile.
Parliamo di politica
In punta di piedi, senza clamori né proclami, è mia intenzione parlare di politica. Di quella buona, di quella concreta, che pensi ai problemi ed alle eventuali soluzioni. Mi piacerebbe che questo spazio diventasse una palestra di confronto tra opinioni ed idee operative, al di là della diversità delle posizioni.
Tengo a dire che da queste parti ci si schiera, eccome. Non aspettiamoci neutralità nei toni, nelle idee, nella collocazione. Qui si è di centro/destra, senza tentennamenti. Anche, volendo, a prescindere da chi concretamente ed attualmente incarna questa posizione nell’arco politico italiano.
Alcune idee guida non si toccano, a partire dal “Dio – Patria - Famiglia”, che qualcuno ama ridicolizzare ma risponde pienamente ad un sistema valoriale “di destra”, dove le gerarchie e le responsabilità hanno un loro ruolo ben definito.
Avremo occasione di entrare nello specifico su tutti questi punti.
Tengo a dire che da queste parti ci si schiera, eccome. Non aspettiamoci neutralità nei toni, nelle idee, nella collocazione. Qui si è di centro/destra, senza tentennamenti. Anche, volendo, a prescindere da chi concretamente ed attualmente incarna questa posizione nell’arco politico italiano.
Alcune idee guida non si toccano, a partire dal “Dio – Patria - Famiglia”, che qualcuno ama ridicolizzare ma risponde pienamente ad un sistema valoriale “di destra”, dove le gerarchie e le responsabilità hanno un loro ruolo ben definito.
Avremo occasione di entrare nello specifico su tutti questi punti.
Furbo chi legge
Spazio per i lettori, spazio per chi vuole farsi leggere. Proverò a recensire e suggerire testi che possano interessare, e non importa l’argomento o l’autore. Anzi, meglio se i canali sono i meno attivi. I grandi scrittori (e soprattutto i grandi editori) non hanno bisogno del nostro piccolo, modesto battage.
Chiedo l’aiuto di tutti gli amici: segnalatemi, e scriveremo.
Chiedo l’aiuto di tutti gli amici: segnalatemi, e scriveremo.
Mangia (e bevi) come parli!
Nel paese che più di ogni altro al mondo può vantare concentrazioni di bellezze di qualsiasi genere (come vengano usate fa parte di un altro capitolo…), gastronomia ed enologia meritano un’attenzione tutta particolare.
Due forme di cultura, di buon vivere, dalle quali non si può assolutamente prescindere se si intende fare un ragionamento completo su tutto l’italico mondo.
Senza troppe pretese, proveremo in queste righe a focalizzare l’attenzione – e ben vengano segnalazioni, di ogni genere – su prodotti, vini, eventi, novità, prelibatezze, che ci sembrerà giusto ed opportuno raccontare agli amici.
Chissà che nel nostro piccolo non si riesca a contribuire all’affermazione del gusto e del piacere del mangiare e bere bene, ma senza che il portafogli ne risenta più di tanto.
Due forme di cultura, di buon vivere, dalle quali non si può assolutamente prescindere se si intende fare un ragionamento completo su tutto l’italico mondo.
Senza troppe pretese, proveremo in queste righe a focalizzare l’attenzione – e ben vengano segnalazioni, di ogni genere – su prodotti, vini, eventi, novità, prelibatezze, che ci sembrerà giusto ed opportuno raccontare agli amici.
Chissà che nel nostro piccolo non si riesca a contribuire all’affermazione del gusto e del piacere del mangiare e bere bene, ma senza che il portafogli ne risenta più di tanto.
Siamo tutti revisionisti
Non sono rare le rubriche che trattano di storia, o di storie, e che recano come titolo o accompagnamento la frase: “Per non dimenticare”.
La mia intenzione è di ribattezzare quest’angolo del blog: “Per ricordare meglio”, oppure “Per studiare da capo”. Sono molti, infatti, gli episodi della storia, soprattutto quella contemporanea (che conosco meglio), che presentano lati oscuri, oppure si prestano o si presterebbero ad una rilettura in tutto o in parte diversa rispetto a quella che si è sempre data.
Certi argomenti restano infatti un tabù assoluto, strumentalizzati per decenni da chi se ne è servito per bieco opportunismo a fini ben diversi rispetto alla ricerca storica. Fatti e storie del Novecento italiano che si svolgono secondo canovacci diversi rispetto a quanto insegnato nelle scuole con atteggiamento più assolutista e veritativo che educativo e didascalico; vicende che conoscono due verità, entrambe degne – se non di essere parificate – come minino di essere ascoltate; questioni ancora irrisolte delle quali appena oggi si accenna sempre meno timidamente, perché disturbavano i manovratori. Insomma, c’è carne al fuoco anche per parlare di passato, senza preconcetti e con quell’atteggiamento di apertura che Renzo De Felice, uno dei nostri punti di riferimento più fulgidi, riteneva componente di base per chi si accosta alla storia senza secondi fini impregnati di presente.
Evviva sì, siamo revisionisti!
La mia intenzione è di ribattezzare quest’angolo del blog: “Per ricordare meglio”, oppure “Per studiare da capo”. Sono molti, infatti, gli episodi della storia, soprattutto quella contemporanea (che conosco meglio), che presentano lati oscuri, oppure si prestano o si presterebbero ad una rilettura in tutto o in parte diversa rispetto a quella che si è sempre data.
Certi argomenti restano infatti un tabù assoluto, strumentalizzati per decenni da chi se ne è servito per bieco opportunismo a fini ben diversi rispetto alla ricerca storica. Fatti e storie del Novecento italiano che si svolgono secondo canovacci diversi rispetto a quanto insegnato nelle scuole con atteggiamento più assolutista e veritativo che educativo e didascalico; vicende che conoscono due verità, entrambe degne – se non di essere parificate – come minino di essere ascoltate; questioni ancora irrisolte delle quali appena oggi si accenna sempre meno timidamente, perché disturbavano i manovratori. Insomma, c’è carne al fuoco anche per parlare di passato, senza preconcetti e con quell’atteggiamento di apertura che Renzo De Felice, uno dei nostri punti di riferimento più fulgidi, riteneva componente di base per chi si accosta alla storia senza secondi fini impregnati di presente.
Evviva sì, siamo revisionisti!
Nel silenzio
“Non ne prendono uno!”, viene da commentare spesso e volentieri quando – in presenza di delitti eclatanti o episodi inquietanti di vario genere – ci si interroga sul comportamento delle forze dell’ordine.
In realtà le cose non stanno così, ma è il solito discorso dell’albero che cade, che fa più rumore di una foresta che cresce. Molti colpevoli vengono assicurati alla giustizia, e le nuove tecnologie aiutano spesso a ricostruire vicende (e a dare volti a colpevoli) vecchie di decenni.
Tuttavia, una certa percentuale di questi eventi sfugge alla pur lodevole opera di magistrati, carabinieri e polizia. E nell’immaginario popolare restano spesso più impressi dei tanti casi che conoscono una soluzione. Come, del resto, è giusto che sia: in tanto o in poco che la questione possa appassionarci, succede che ci si trovi ad interrogarsi su chi possa aver commesso quel delitto così efferato, o sulla fine che ha fatto quella ragazza di cui non si sa niente ormai da cinque anni.
Qui, senza alcuna pretesa né di indagine, né di completezza, vogliamo provare a ricostruire sinteticamente alcuni dei misteri più noti accaduti negli ultimi decenni. Perchè non dimenticare è doveroso anche per chi di questi episodi è stato vittima. E, magari, da qualcuno potrebbe forse arrivare l’idea che nessuno aveva mai prima preso in considerazione, quella che cambia lo scenario, quella che aiuta chi è in difficoltà.
In realtà le cose non stanno così, ma è il solito discorso dell’albero che cade, che fa più rumore di una foresta che cresce. Molti colpevoli vengono assicurati alla giustizia, e le nuove tecnologie aiutano spesso a ricostruire vicende (e a dare volti a colpevoli) vecchie di decenni.
Tuttavia, una certa percentuale di questi eventi sfugge alla pur lodevole opera di magistrati, carabinieri e polizia. E nell’immaginario popolare restano spesso più impressi dei tanti casi che conoscono una soluzione. Come, del resto, è giusto che sia: in tanto o in poco che la questione possa appassionarci, succede che ci si trovi ad interrogarsi su chi possa aver commesso quel delitto così efferato, o sulla fine che ha fatto quella ragazza di cui non si sa niente ormai da cinque anni.
Qui, senza alcuna pretesa né di indagine, né di completezza, vogliamo provare a ricostruire sinteticamente alcuni dei misteri più noti accaduti negli ultimi decenni. Perchè non dimenticare è doveroso anche per chi di questi episodi è stato vittima. E, magari, da qualcuno potrebbe forse arrivare l’idea che nessuno aveva mai prima preso in considerazione, quella che cambia lo scenario, quella che aiuta chi è in difficoltà.
Ho incontrato un fuoriclasse
Mi hanno sempre colpito le figure dei fuoriclasse. Personaggi epici, che rendono popolare la disciplina che li vede protagonisti, in un’eterogenesi dei fini che li trasporta nel mito.
Ce ne sono in ogni campo: a tutti viene in mente anzitutto lo sport, il terreno elettivo del fuoriclasse moderno, ma io penso anche alla musica, alla letteratura, al giornalismo, all’ars retorica, e a tanti altri settori da coprire in pratica lo scibile umano.
Il campione ha un grande talento. Il fuoriclasse al talento unisce il genio. Non tutto quello che fa può piacere a tutti, indistintamente. Anzi, spesso il fuoriclasse ha tanti nemici quanti ammiratori. Ma è un fuoriclasse, quello che fa è oggettivamente un capolavoro. E’ come un tramonto: può non piacere, ma… si possono fare obiezioni ad un tramonto?
Le nostre generazioni, complici le tecnologie del tempo reale, possono vantarsi di aver conosciuto molti di questi fuoriclasse. Anzi, a volte è proprio il sistema di comunicazione che ci porta in casa le imprese di questo e di quello, rendendoli popolari. Di loro, ma anche di quelle figure eccezionali che emergono da passati più o meno lontani, racconterò di quando in quando. Ci sarà spazio anche per fuoriclasse sconosciuti ai più, eroi di tutti i giorni, dei quali noi soli conserviamo memoria ma che grande segno lasciano nella vita di chi li incontra.
Fatemi conoscere le vostre opinioni, e segnalatemi i vostri fuoriclasse.
Ce ne sono in ogni campo: a tutti viene in mente anzitutto lo sport, il terreno elettivo del fuoriclasse moderno, ma io penso anche alla musica, alla letteratura, al giornalismo, all’ars retorica, e a tanti altri settori da coprire in pratica lo scibile umano.
Il campione ha un grande talento. Il fuoriclasse al talento unisce il genio. Non tutto quello che fa può piacere a tutti, indistintamente. Anzi, spesso il fuoriclasse ha tanti nemici quanti ammiratori. Ma è un fuoriclasse, quello che fa è oggettivamente un capolavoro. E’ come un tramonto: può non piacere, ma… si possono fare obiezioni ad un tramonto?
Le nostre generazioni, complici le tecnologie del tempo reale, possono vantarsi di aver conosciuto molti di questi fuoriclasse. Anzi, a volte è proprio il sistema di comunicazione che ci porta in casa le imprese di questo e di quello, rendendoli popolari. Di loro, ma anche di quelle figure eccezionali che emergono da passati più o meno lontani, racconterò di quando in quando. Ci sarà spazio anche per fuoriclasse sconosciuti ai più, eroi di tutti i giorni, dei quali noi soli conserviamo memoria ma che grande segno lasciano nella vita di chi li incontra.
Fatemi conoscere le vostre opinioni, e segnalatemi i vostri fuoriclasse.
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