Il treno in riserva?

Per lunga frequentazione e passione personale, provo un sincero affetto per le Ferrovie dello Stato. La cosa non m’impedisce di tenere un atteggiamento severo il giusto verso l’azienda, le sue scelte spesso discutibili, le sue pecche macroscopiche, frutto peraltro molto di frequente di decisioni scellerate prese altrove, e con l’intenzionale finalità di favorire qualcuno.
Trovo inescusabili, invece, alcune interpretazioni ferroviarie della lingua italiana. Chi prenota il viaggio su Internet – a me capita di frequente – ha il grande vantaggio di poter evitare le code alle biglietterie e di poter salire sul treno con l’e-mail di conferma stampata comodamente a casa o in ufficio.
In caso di pagamento da posticipare, uno dei moduli che arrivano per posta elettronica porta la dicitura “Riservazione”. Riservazione?!? Un termine che assolutamente non esiste, tanto è vero che persino il traduttore di Word (che non è un mostro di precisione) lo sottolinea in rosso.
La parola esatta è “prenotazione”, italiana e quindi bella come il sole, e devo riconoscere che quasi ovunque nel sito di Trenitalia campeggia la dicitura esatta. Stona, perciò, questo orribile “riservazione”, classico caso di goffa italianizzazione di un termine anglo.
Detto per inciso, di “riservazione” viene fatto invece un uso continuo e fastidioso nella terminologia alberghiera e turistica adottata nella Svizzera Italiana, dove la lingua di Dante dovrebbe essere utilizzata come e quanto da noi. Ma lì, al limite, hanno la scusa delle molte lingue ufficiali, per cui la contaminazione può essere dettata dall’esigenza di farsi capire da francofoni, svizzeri tedeschi e retoromanci.
Già che ci siamo, facciamo le pulci agli annunci diffusi nelle stazioni. A Genova, la voce femminile dell’altoparlante pronuncia – ci avrete fatto caso – la località di Voltri con una “o” sonora, quella di “poco”, che nulla ha a che fare con la “o” cupa, quella di “molto”, che dovrebbe essere usata. Incomprensibile, poi, la scelta di sostituire la parola “anziché” con “invece”. Il treno xy arriverà sul binario 1 invece che sul binario 2” suona molto più popolaresco e grossolano rispetto al precedente e più colto “anziché”. Come se si fosse scelto di retrocedersi di un’ottava. Forse per essere più intonati con la qualità del servizio…

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